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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

martedì 6 marzo 2012

2.1.5: La mini guerra civile

2. Ancora una primavera. Tienanmen e dintorni 
2.1 Il mito del massacro di Tienanmen
L'ufficiale e secondo luogotenente Lie Guogeng viene colpito a morte dai 
rivoltosi (in alto, a sinistra) il suo corpo viene incendiato (al centro) e 
sventrato (in basso, a destra)
Se io reprimo le manifestazioni, i cinesi daranno la colpa a me per 10 anni. Ma se non lo faccio il popolo cinese darà la colpa a me per sempre.
Deng Xiaoping (Your views 2009)


Scoprirete che il cosiddetto massacro fu in realtà un mini guerra civile con cittadini arrabbiati di Pechino che hanno cercato di fermare i soldati disarmati inizialmente inviati a sloggiare gli studenti che avevano dimostrano in piazza liberamente per settimane.
Gregory Clark ex diplomatico australiano 2006

La notte del 2 giugno una jeep viene coinvolta in un incidente in cui muoiono tre persone. Così racconta l'incidente Fiore: "Una jeep della Televisione Centrale stava tornando in sede percorrendo il tratto del viale Changan nei pressi del grattacielo accanto al Museo Militare, quan­do a causa della forte velocità ha investito un gruppo di di­mostranti. Tre persone sono state uccise e una gravemente ferita. Era un incidente di traffico ma la gente ha creduto che la camionetta grigioverde fosse un automezzo dell'Esercito e si è abbandonata ad una clamorosa reazione. Pensando che fosse l'inizio della marcia di trasferimento dalla lontana periferia verso il centro, alcuni giovani han­no eccitato la folla al grido di «stanno arrivando» e hanno accusato i militari di avere deliberatamente investito gli studenti" (Fiore 1989, p.161). Secondo il New York Times si inseguirono voci sulla piazza che la polizia abbia deliberatamente ucciso quattro persone e che questo facesse parte di una manovra dei militari, per cui la situazione diviene sempre più tesa.
Veicoli dell'esercito dati alle fiamme

Secondo il Toronto Globe and Mail migliaia di soldati a piedi, per lo più disarmati e in abiti civili, dovevano entrare in modo inosservato, circondare la piazza e pacificamente convincere gli studenti ad abbandonarla. Ma la folla ha inghiottito i soldati. Alcuni manifestanti li hanno inseguiti fino a quando i soldati hanno rotto i ranghi. Una colonna proveniente dalla direzione opposta ha incontrato una forte resistenza. Veicoli militari sono stati rovesciati e ai soldati sono state sequestrate le armi. Alcuni soldati sono stati presi in ostaggio (Cortes 2009). 

“Gli anziani Partito hanno approvato la decisione di schiacciare la 'rivolta controrivoluzionaria' e liberare la piazza con la forza militare. La maggior parte di essi spera che possa essere fatto senza vittime” (Memory S.d.). Viene presa la decisione di far entrare in città le truppe che erano rimaste fuori Pechino. La mattina del 3 giugno si succedono numerosi attacchi contro veicoli militari. I soldati sono ora armati "anche se l'ordine di evitare la violenza" come riporta il Wall Street Journal. Il reporter della rivista Time riporta che alle 7.00 del mattino, studenti e giovani lavoratori fuori Zhongnanhai bloccano due autobus militari pieni di mitragliatrici leggere e casse di munizioni. I manifestanti prendono soldati dell’EPL in ostaggio e le manifestazioni cominciano a diventare violente. Le truppe sono circondate agli incroci e sovrappassi per la città. In alcuni luoghi, i soldati sono spogliati quasi nudi, inseguiti o colpiti. Altri soldati feriti hanno difficoltà di arrivare agli ospedali, con la folla che sgonfia o taglia le gomme alle ambulanze militari.

Fiore ci fa la cronaca dei primi tentativi, nella notte del 2 giugno, di entrare pacificamente nel centro:
Soldato ferito dai rivoltosi
Le due colonne autotrasportate sono giunte verso l'una di notte all'altezza degli incroci del vecchio Hotel Pechino da una parte e del quartiere di Xidan, prima della Città Proibita, dall'altra, trovando rifatte le barricate con auto­bus di traverso, transenne metalliche divelte, mattoni e sabbia. I soldati scesi dagli automezzi per prendere posi­zione si sono visti circondati. Quelli rimasti sugli autobus civili, usati per il trasporto di reparti misti in borghese e in divisa, non hanno avuto modo o voglia di scendere. Tutto il viale Changan, da est a ovest, è diventato teatro dello scontro-incontro fra soldati e studenti. Gli episodi più peri­colosi sono accaduti nella parte occidentale di Pechino. Davanti all'Hotel Yanjing, prima del bivio dove sorge l'edificio della vecchia sede televisiva, una colonna di dodi­ci camion è stata bloccata, i soldati sono scesi senza sparare e i veicoli sono stati perquisiti dai rivoltosi. Le gomme degli automezzi sono state tagliate e la truppa si è rifugiata die­tro i cancelli del palazzo di Radio Pechino.
Questa è la zona del quartiere di Muxidì dove nei palaz­zi a quindici piani del controviale, sulla destra in direzione di Tien An Men, vivono i quadri direttivi del ministero della Radiotelevisione, funzionari di partito e molti scritto­ri, che hanno assistito ai tafferugli. Un chilometro più avanti, all'altezza del palazzo delle Poste e Telegrafi, un'altra colonna si è fermata ai piedi della barricata e sotto una gragnuola di colpi di sassi ha dovuto abbandonare gli automezzi. Il grosso delle forze è riuscito poi a superare l'ultimo posto di blocco al bivio di Xidan per raggiungere la posizione all'angolo di Tien An Men. Dalla parte op­posta, un reggimento autotrasportato è stato assalito da un lancio di pietre e costretto a fermarsi sul ponte di Chaoyang sbarrato da una fila di autobus occupati dai di­mostranti. Un'altra interruzione è avvenuta sul viadotto dell'Osservatorio dove quattro secoli fa il gesuita Matteo Ricci passava le notti a studiare le stelle.
Nel cuore di Pechino non si è dormito per l'emozione, anche se fino all'alba non è stato sparato un solo colpo. Dal nostro quartiere di Jianguomen fino alla via di Dongdan che scende verso il Tempio del Cielo e il quartiere di Tien- qiao, il movimento delle truppe autotrasportate è stato in­tenso ma rallentato dai posti di blocco e dalle barricate. Al­la fine i reparti, sia pure decimati dalla resistenza dei rivol­tosi che li hanno bloccati, sono riusciti ad arrivare sulla piazza. E incredibile quello che poi è successo. I soldati si sono lasciati letteralmente spogliare: gli hanno levato le scarpe, le camicie, gli stivaletti portati dietro le spalle in at­tesa di calzarli, le bustine, le bandoliere, i coltelli e gli apri­scatole della loro dotazione personale. Le loro razioni da combattimento sono state aperte in alcuni casi, rovescian­done il contenuto sui marciapiedi. Spaventati, alcuni si so­no messi a piangere, altri sono scappati nei giardini della Città Proibita, mentre la folla gridava loro: «Nessuno vi fa­rà del male, la nostra è una protesta pacifica».
Un intero reggimento, dopo essere stato disarmato, ha percorso a piedi il lato ovest della piazza, andandosi a sede­re sui gradini della porta sud dell'Assemblea Nazionale, dove all'alba alcune migliaia di soldati allo sbando aspet­tavano ordini e rinforzi. Gli autobus bloccati prima della piazza sono rimasti con i soldati dentro e sul tetto sono sali­ti i giovani che li incitavano a disertare. Squadre di studen­ti fra i più eccitati si sono impadroniti di alcuni contingenti di armi leggere. Una compagnia della colonna venuta dal quartiere est ha camminato di corsa verso il centro di ospi­talità del comando della Forza Aerea, sull'anello della cir­convallazione. Dal tetto del palazzo di Jianguomen dove abito ho visto la lunga fila di ombre umane che correva verso i cespugli del viale dalla parte dell'edificio aeronauti­co. Sono rimasto al buio, aspettando da un momento al­l'altro gli spari con l'apertura delle ostilità.
Non è successo niente. I militari hanno cercato e trovato rifugio, gli autocarri sono rimasti vuoti e dalle casette del quartiere cinese al di là del muro si sono sentite le voci dei ragazzi che si chiamavano per riunirsi dopo la fuga dei sol­dati. Dopo la legge marziale "alla cinese", abbiamo adesso una stessa versione della guerriglia urbana? Si deve conclu­dere che il primo tentativo dell'Esercito di occupare Tien An Men è goffamente fallito. Le truppe rifiutano evidente­mente la prova di forza contro il movimento ribelle. Oppu­re sono stati impartiti loro gli ordini di non usare le armi. Ma, allora, non si vede il senso della manovra. Gli alti co­mandi non potevano ritenere che una semplice azione dimostrativa intimidisse i ribelli fermamente decidi ad arre­stare la marcia delle colonne. Il segno della decisione rima­ne di carattere oscuro: esporsi ad una figuraccia sotto gli occhi della popolazione e di noi osservatori stranieri senza pensare di averne un profitto è certamente un gesto ridico­lo. Siccome il quartier generale della legge marziale non ha voglia di scherzare, i fatti di questa notte debbono per forza rispondere a una logica misteriosa. Il sospetto che i falchi abbiano cercato di costruirsi l'ultima scusa per giustificare un intervento vero comincia a farsi strada (Fiore 1989, p.161).
Da notare che secondo il giornalista, piuttosto tifoso degli studenti, i "falchi" cercherebbero un pretesto come se non bastasse il fatto che un gruppo seppur numeroso di persone teneva da un mese e mezzo in scacco la capitale.
Vediamo un'altra versione che fa capre come si siano provate tutte le soluzioni pacifiche:
Dopo aver corso per quasi due ore, i soldati esausti sono stati bloccati da una grande folla vicino al Beijing Hotel, ad est della piazza, intorno alle 03:00. Gli sventurati soldati sono stati circondati e sottoposti a lezioni sul tema di amicizia tra civili e militari da una folla rabbiosa, che era stata svegliata dai loro letti dalle notizie di truppe che avanzavano. I soldati, disarmati, stanchi, senza guida e confusi, furono facilmente immobilizzati. Ancora una volta, come il 20 maggio, sembrava che il popolo aveva ottenuto un’importante vittoria. Questa volta, la vittoria fu di breve durata. Nel pomeriggio del 3 giugno, migliaia di soldati dell’EPL, disarmati ma in tenuta da combattimento, sono usciti fuori dai tunnel sotterranei che portano nella Grande Sala del Popolo. Inviate per liberare Piazza Tiananmen, le truppe sono state immediatamente circondate dalla folla dietro la Sala Grande e impedite di raggiungere la loro destinazione. Anche se gli animi erano irascibili e episodi di violenza avvampavano episodicamente, gli studenti controllavano l’applicazione della disciplina tra la folla, impedendo qualsiasi grave conflagrazione. Non era però il caso in altre zone di Pechino. Verso le 14:00 nel pomeriggio, a ovest della piazza sulla Changan Dajie vicino Liubukou, gli altoparlanti trasmettevano una direttiva dalla sede di comando legge marziale, ordinando alla folla di disperdersi immediatamente. Poco dopo, centinaia di soldati e le forze di sicurezza armate si precipitano in strada, sparando lacrimogeni e manganellando coloro che erano abbastanza sfortunati da trovarsi sulla loro strada. Incidenti simili sono stati riportati da altre zone della città per tutto il pomeriggio. Alle 18: 30, il governo municipale di Pechino e il Quartier Generale della legge marziale hanno emesso un avviso di emergenza per avvertire preventivamente i residenti di Pechino di non uscire nelle strade o nella piazza; i violatori sarebbero stati "responsabili della loro sorte." Il messaggio è stato trasmesso più volte dalle 19:00 alle 21:00 su stazioni radio e televisive dielgoverno. Alle 22:00, le truppe ammassate alla periferia di Pechino hanno ricevuto l’ordine di procedere immediatamente verso Tiananmen per liberare la Piazza entro le 6:00 del giorno successivo, 4 giugno. (MacFarquhar 1997,p.467).


Le mosse iniziali contro gli studenti hanno suggerito a molti che la leadership cinese fosse ancora impegnata, a partire dalla mattina del 3 giugno, per una risoluzione relativamente pacifica della crisi. I curatori dei Tieanmen Papers scrivono che la sera del 3 giugno il Comando della legge marziale iniziò le mosse mirate a uno sgombero pacifico della piazza. Un documento dell'ambasciata americana descrive due incidenti che a posteriori possono avere convinto le autorità cinesi che l'uso della forza era necessario. Il documento riporta, secondo varie fonti, che 'Approssimativamente 5.000 soldati disarmati... sono stati respinti dagli studenti e dai cittadini quando hanno tentato di avanzare a piedi fino a piazza Tiananmen. 'Più tardi durante il giorno la polizia di Pechino sparato gas lacrimogeni sulla folla radunata nei pressi del palazzo del Partito a Zhongnanhai, ma il rapporto suggerisce che si trattava di un tentativo accidentale piuttosto che un premeditato di aumentare il livello di forza al di là di quello utilizzato, senza successo, nella prima parte della giornata'. Per quanto riguarda il ritiro disordinato delle unità militari in precedenza nella giornata, la nota sottolinea l'evidente 'confusione di molti soldati suggerisce che non erano preparati a sostenere l’opposizione che i loro movimenti hanno innescato' (Secretary's 1989a).


L'avere mandato soldati disarmati, che fu un evidente tentativi di risolvere la questione pacificamente, sembra così strano che qualche giornalista grida al complotto.
Chi decise di mettere in atto un tentativo così maldestro di far intervenire l'esercito? Perché furono mandati allo sbaraglio soldati giova­ni e inesperti, giunti oltre tutto sul loro obiettivo stanchi e provati da una corsa lunga chilometri? C'era qualcuno che aveva interesse a far perdere clamorosamente la faccia alle forze armate, per poter poi invocare un vero e proprio intervento di guerra, come quello che effettivamente si verifi­cò la notte successiva? O fu, invece, un segno ulteriore delle profonde divisioni in seno ai dirigenti politici e militari sulle azioni necessarie per riprendere il controllo di una situazione sociale ormai lasciata completamente a se stessa? (Pecora 1989, p.29)

Non è solo Pecora che fa dietrologia. Scrive MacFarquhar: "Vi è una notevole controversia sulla scopo di questa curiosa incursione. Alcuni osservatori ritengono che fosse una deliberata provocazione da parte del governo. simile a gettare un fiammifero acceso in una tanica di benzina, Sarebbe stata progettata per provocare un attacco violento sui soldati disarmati che poteva poi essere usato come pretesto per lanciare una violenta repressione sugli studenti. Altri hanno sostenuto che i soldati disarmati dovevano ricongiungersi con le loro armi he venivano trasportate separatamente in città su almeno tre autobus anonimi a Piazza Tienanmen. Però. gli autobus (come i soldati stessi) sono stati intercettati e immobilizzati dalla folla prima che potessero raggiungere il punto d'incontro in programma. (MacFarquhar 1997, p. 467)

Alle 18:30 della sera del 3 giugno, viene annunciato ai cittadini di Pechino di rimanere nei loro quartieri e stare lontano da piazza Tiananmen. Il Toronto Globe and Mail descrive quello che è successo: "La sera successiva [3 giugno], il governo ha deciso di far avanzare i carri armati, eppure non ci sarebbe stata nessuna sparatoria contro i civili. Fonti cinesi hanno detto che il presidente Yang Shangkun ha emesso un ordine segreto dicendo che i soldati potevano usare tutte le misure ad eccezione di sparare per sgombrare la piazza". Le direttive date dal governo d’altra parte sono molto nette: non si devono usare le armi se non in casi estremi [1]. La fonte sono quei Tienanamen Papers, fatti uscire clandestinamente dalla Cina e pubblicati in America.


Carri e automezzi per il trasposto truppe 
incendiati dai dimostranti
Ancora Fiore si domanda il perché dell'operazione del 2 giugno:
La fallita operazione militare della scorsa notte lascia perplessi, ma la crisi si è impennata e si sta avviando verso la sua naturale conclusione. Gli esperti di problemi militari sono i primi a non capire la ragione di un tentativo cosi as­surdo. Essi giustamente partono dall'idea che il quartier generale abbia impartito alle truppe l'ordine di entrare a Tien An Men senza usare le armi, di non reagire alle pro­vocazioni e di lasciarsi ingloriosamente soverchiare da una folla di scalmanati. Una tale dimostrazione di impotenza è contraria alla teoria e alla pratica di qualsiasi comando mi­litare del mondo. I soldati che non hanno sparato avrebbe­ro dunque agito di testa loro, e questo significherebbe che l'unità dell'Esercito è rotta e che la crisi del governo Li Peng è destinata a peggiorare. Comunque sia, gli esperti giurano stamattina che i militari sono pronti a prendersi un'immediata rivincita.

Automezzo militare dato alle fiamme
L'assenza del potere e la continuata protesta stanno paralizzando un'altra volta il centro di Pechino. I quartieri centrali sono sottosopra. Transitando sul viadotto dell'Osservatorio ho visto una scena che può essere paragonata a un quadro di sconfitta militare. Sugli alberi del piazzale davanti all'Osservatorio sono appesi stivali, scarpe, fruste e lacci d'acciaio di cui non si capisce l'utilità. Armi e oggetti appartenenti ai militari sono ammucchiati sul marciapie­de. A tutti gli incroci dove le barricate hanno interrotto la marcia della colonna lo spettacolo è identico. Davanti al­l'Hotel Pechino, a pochi passi da Tien An Men, i ribelli hanno rifatto un posto di blocco. Sul marciapiede c'è un enorme paniere di vimini pieno di berretti militari dei soldatini che sono stati spogliati poche ore fa. Uno degli alberi di magnolia davanti all'albergo è tappezzato con le loro ca­micie (Fiore 1989, p.252-253).

Naturalmente si trova anche chi tra gli ipercomplottisti che non a caso trovano spazio sulle colonne del "Manifesto" pensa che l'offensiva pacifica dei militari fosse ovviamente un complotto per ammazzare addirittura più gente: "Che l'intervento nella notte tra il 3 e 4 giugno facesse seguito a due giorni di offensive non-violente e apparentemente inutili, è stato un fatto intenzionale al fine di avere in piazza più persone possibile per chiarire una volta e per tutte chi comandava. Un'occupazione tranquilla, che probabilmente per i militari sarebbe stata molto più facile, avrebbe spaventato poco. La necessità di usare tanta violenza fu stata causata dall'impotenza dei dirigenti di fronte al movimento. Chiusi in vecchie mentalità, non avevano una risposta alle nuove armi costituite dal ruolo di spettatore degli abitanti della città, dallo sciopero della fame e dalla dimostrazione in suo sostegno. Dopo aver subito uno scacco matto, la violenza irruente era l'unica cosa alla quale aggrapparsi. La veloce radicalizzazione del movimento durante il periodo dello sciopero della fame aveva tagliato tutte le strade che potevano dare agli avversari la possibilità di uscirne senza perdita di faccia" (Niming 1993).

 Ma torniamo al resoconto di Ilario Fiore:
Sulla piazza c'è per ora solo una battaglia di altoparlan­ti. Quelli più potenti del governo, alimentati dalla vicina Assemblea Nazionale, che spiegano la necessità urgente di riportare l'ordine in città, non riescono a soffocare la voce dei microfoni studenteschi. Un loro annuncio mi fa trasali­re: «I compagni che si trovano in possesso di armi debbono immediatamente consegnarle alle autorità di polizia, fa­cendosi dare la ricevuta!». Ecco un buon esempio di guer­riglia urbana "alla cinese". Vuol dire che nel corso della notte i soldatini non sono solo stati spogliati ma anche di­sarmati. La passione cinese per il fabiao, la pezza d'appog­gio, è più grande della voglia degli studenti di abbattere il governo Li Peng.
In una delle tende, i quattro scioperanti della fame gui­dati dall'autore della canzone sul Fiume Giallo hanno in viso il colore cianotico di chi respira a fatica. Seduti per ter­ra, hanno accanto due bottiglie d'acqua vuote. I compagni si affacciano sulla soglia e gli gridano che è tempo di fare l'endovenosa. Le loro voci sono coperte dal timbro metalli­co degli altoparlanti. Domando invano a qualcuno il moti­vo dell'annuncio sulla riconsegna delle armi. Nei tafferugli della notte è evidente che gruppi di rivoltosi si sono impa­droniti delle armi consegnate loro o strappate ai militari. Quante ne sono state sequestrate e quante ne verranno ri­consegnate dietro fornitura della ricevuta? Sono domande che non trovano risposta, sembrano irrilevanti a coloro cui le rivolgiamo. Non troviamo nessuno dei dirigenti del mo­vimento: solo Wuer Kaixi e Wan Dan potrebbero chiarire il mistero (Fiore 1989, p.252-253).

Studenti "non violenti" in azione


Nel corso della giornata del 3 giugno, si sarebbero verificati alcuni incidenti che aggravano la situazione. Il primo avviene quando la folla sequestra un veicolo che trasporta armi e le forze di sicurezza hanno ingaggiato un’intensa battaglia. Anche se nessuno è stato ucciso, alcuni rivoltosi sono stati feriti. I leader degli studenti sostengono che hanno provato a restituire 27 fucili presi ai soldati ad un comandante militare, ma che questo ha rifiutato di accettarli. Un altro leader rivendica che gli studenti hanno restituito due convogli di armi e hanno ancora la ricevuta. Ciò dunque prova che comunque delle armi sono cadute in mano ai rivoltosi e che probabilmente alcuni le hanno usate e ciò non solo ha portato all’uccisione dei soldati ma anche verosimilmente alla morte di cittadini che assistevano agli scontri.
Secondo i cablogrammi segreti dell'Ambasciata americana a Pechino resi pubblici da Wikileaks nel 2011: "Secondo alcuni rapporti, alcuni soldati del PLA per tutto il pomeriggio sarebbero rimasti prigionieri a bordo dei loro autobus danneggiati (dai manifestanti) nell'intersezione Fuyoujie tra Xidan e Zhongnanhai. Il tentativo di liberare queste truppe potrebbero essere stata la causa del tiro di gas lacrimogeni nella zona un po' dopo le 15.00 ora locale... All'incirca nello stesso periodo, diverse migliaia di soldati,  disarmati ma con l'elmetto, sono apparsi sul lato ovest della Grande Sala del Popolo dove erano seduti in righe profonde due o tre uomini. Sono apparsi ben disciplinati. Sono stati osservati vari passanti che gettavano oggetti contro le truppe, che non hanno risposto. Nel frattempo, il lato est della Grande Sala di piazza Tienanmen è rimasto relativamente tranquillo" (Martial 1989). Qui c'è la conferma da parte dell'Ambasciata americana che ancora alle 15.00 del 3 giugno venivano mandati avanti soldati disarmati che non reagivano a lanci di oggetti e provocazioni da parte dei manifestanti 

Alle cinque del pomeriggio secondo il governo furono distribuiti coltelli da cucina, pugnali e bastoni di ferro, alla folla a Piazza Tienanmen, incitandoli a prendere le armi e rovesciare il governo. Circa 1000 persone sono entrate in un cantiere vicino a Xidan sequestrando sbarre di ferro, attrezzi, mattoni e altro che possa essere utilizzato per i combattimenti di strada (circostanza riferita anche da fonti giornalistiche occidentali). Secondo il rapporto ufficiale è stato in questo frangente che dalla piazza è stato sollecitato il "rovesciamento del governo". Ormai la situazione a Pechino è davvero fuori controllo.
Di fronte all'atteggiamento pacifico dell'Esercito l'arma dei rivoltosi è stata la derisione quando non la violenza. Ma il sequestro di armi e il loro uso, come vedremo, la dice lunga sulle intenzione di una parte almeno dei rivoltosi. Il Washington Post (5 Giugno 1989) riporta che i rivoltosi sono organizzati in squadre di 100-150 persone armate con catene, bottiglie Molotov e mazze di ferro, che si scontrano con i soldati. I soldati erano disarmati nelle giornate precedenti alla liberazione della Piazza. Nella tarda sera del 3 giugno, i soldati hanno iniziato a far uso delle loro armi, e combattuto per aprirsi la strada per Piazza Tiananmen. Sia soldati che civili sono stati uccisi. Verso le 10:00 di sera, le truppe si dirigono da varie direzioni verso il centro di Pechino. I rivoltosi, traendo vantaggio del comportamento contenuto dei soldati, bloccano i veicoli militari e li bruciano. Oltre 100 veicoli militari sono stati dati alle fiamme. Con gli autobus bruciati sono state creare barricate. Le truppe disarmate con i soli sfollagente, non sono riuscite a penetrare attraverso le barricate. I soldati disarmati vengono picchiati o uccisi e bruciati e i loro corpi appesi ai cavalcavia. Infine, sono state inviate truppe armate, e hanno ricevuto la stessa accoglienza. Ciò che è avvenuto viene descritto in questo modo anche dall’Ambasciata americana: “migliaia di civili hanno attaccato i veicoli militari. Mezzi per il trasporto delle truppe sono stati dati alle fiamme, e i manifestanti hanno assediato le truppe con pietre, bottiglie e bombe molotov” (U.S. Embassy 1989). Occorre ricordare che le Molotov sono considerate negli USA “strumenti di distruzione” dal National Firearms Act e regolate pertanto dal Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives. Alcuni rivoltosi hanno sequestrato armi da fuoco, munizioni e ricetrasmettitori e un autoblindo e aperto il fuoco mentre lo guidavano lungo la strada. Tra i civili uccisi, alcuni sono rivoltosi e altri sono stati colpiti da proiettili vaganti. E' possibile che siano stati colpiti dagli spari delle truppe ma è anche possibile che alcuni civili siano stati uccisi da altri civili con armi da fuoco, ad esempio dopo che rivoltosi hanno strappato un carro armato, e hanno deciso di provarne la mitragliatrice. La folla ha anche attaccato impianti civili ed edifici pubblici. Diversi rivoltosi hanno guidato un autobus pubblico carico di fusti di benzina verso il Gate Tower di Tiananmen (risalente al 1400), nel tentativo di appiccarvi il fuoco.
Ancora i Tienanmen Papers nel resoconto del Trentottesimo gruppo dell'esercito alla Commissione centrale militare dell'8 giugno «Svolgimento della missione, coscienzioso adempimento della legge marziale» descrivono così la situazione a cui si sono trovate le truppe che avevano il compito di sgomberare la Piazza:
Interessante video sulla "repressione" girato da turisti 
canadesi a Pechino. In realtà due delle tre vittime mostrate sono militari che i turisti in questione non hanno riconosciuto per tali, talmente erano sfigurati
Il 3 giugno, seguendo gli ordini del Comando della legge marziale, il nostro drappello, in qualità di gruppo di testa con il compito di sgom­berare la piazza, è partito dalle periferie occidentali di Pechino ed è avanzato verso piazza Tienanmen, lungo viale Chang'an. Guidata da un battaglione di ricognizione, la Centododicesima divisione ha occu­pato per prima una base a est del Museo militare, come forza di copertura dell'intero gruppo dell'esercito. Poi sono giunti alla base due reggimenti della Centotredicesima divisione in qualità di forza d'avanzata. Quattro reggimenti da Fengtai, coperti da una compagnia di perlustrazione, hanno rotto i blocchi dei rivoltosi a quattro incroci e hanno assunto le posizioni a loro assegnate. Le truppe dell'artiglieria hanno affrontato ogni sorta di difficoltà per giungere alla base. Un reggimento di quattro corpi di tecnici, veloci come il vento, è partito dalle caserme a Liangxiang e ha coperto una distanza di ventiquattro chilometri in soli ventisette minuti, per giungere alla posizione asse­gnata prima del tempo previsto. Anche un reggimento per le comuni­cazioni ha superato gli ostacoli, proteggendo la propria attrezzatura con uno sforzo immane, ed è giunto alla posizione assegnata. Durante l'avanzata verso la piazza, sulle teste di ufficiali e soldati sono piovuti mattoni e il loro passaggio è stato ostacolato da ogni sorta di oggetto a terra. Lungo la strada i rivoltosi li hanno attaccati con mazze e barre d'acciaio, mentre di fronte a loro si alzava un mare di fumo e fiamme. Ma gli ufficiali e i soldati, sfidando la costante minaccia di essere rapiti o feriti e persino di morire, hanno spinto da una parte le auto incendiate e gli spartitraffico, posizionati di traverso sulle strade, e dopo quattro ore sono giunti in piazza in orario. Il gruppo dell'esercito ha iniziato l'avanzata su piazza Tienanmen alle 21.30. Due divisioni, la Centododicesima e la Centotredicesima, e una brigata dell'artiglieria, guidate da gruppi antisommossa, sono state le prime ad avanzare seguite poi dalle restanti unità. Gli ufficiali e i soldati sono stati coraggiosi e audaci di fronte alle percosse, alle distruzioni, alle rapine, agli incendi e alle uccisioni dei rivoltosi. Invece di stare sui camion, essi avanzavano a piedi, proteggendo i mezzi con i loro corpi, mentre riuscivano a passare attraverso dodici incroci ed eliminavano sette blocchi costituiti da auto in fiamme e filo­bus. Hanno inoltre superato una foresta di blocchi stradali su una distanza di sette chilometri.Dopo quattro ore atroci hanno raggiunto il fronte di Tienanmen alle 01.30 del 4 giugno: sono state le prime truppe a entrare nella piazza. I mezzi corazzati della Centododicesima divisione, che aveva il compito di sgomberare e pattugliare la piazza, erano partiti da Donggaodi alle 21.55 del 3 giugno. Tre dei camion sono arrivati in piazza alle 23.30 dopo un'ardua avanzata. Le unità bloccate, che avevano l'ordine espresso di riunirsi con il corpo princi­pale del gruppo dell'esercito all'angolo di Fuxingmen, hanno aumen­tato la velocità per rispettare l'ordine. La Sesta divisione corazzata, che è partita da più lontano, si è spo­stata rapidamente. Le unità di avanzata della divisione, che guida­vano il Ventunesimo reggimento carristi e il reggimento di artiglieria antiaerea, hanno raggiunto piazza Tienanmen alle 01.45 del 4. Le truppe e il comando della base dell'esercito, sotto il loro controllo e il Ventiquattresimo reggimento corazzato, sono invece giunti separata­mente alle 04.30 e alle 07.20. Le restanti unità della divisione hanno assunto le proprie posizioni vicino al Museo militare. Prima dello sgombero, i diecimilaottocento ufficiali e soldati del gruppo dell'eser­cito e i quarantacinque veicoli corazzati hanno schiacciato l'accesa arroganza degli insorti, hanno distrutto le loro linee di difesa a ovest e hanno riempito di paura i cuori degli irriducibili trincerati nella piazza (Tienanmen Papers 2001, p. 407).
I rivoltosi lanciano pietre contro gli agenti e soldati in gran parte disarmati la sera del 3 giugno
Un amico del corrispondente dell'ANSA che era sul tetto dell'Hotel Bejing "Ci raccontò che la sezione della Via della Lunga Pace tra il quartiere residenziale per stranieri di Jianguomenwai e la piazza Tiananmen appariva completamente devastata. Gli autobus, messi di traverso sulla strada a fare da barricate dalla popolazione nel tentativo di fermare i mezzi corazzati, erano stati sfondati e tranciati di netto dai carri armati T-54, che avevano lasciato sull'asfalto i profondi segni dei cingoli. Le transenne metalliche che, in entrambi i lati della strada, separano le corsie riservate alle biciclette da quelle degli automezzi erano state divelte o appiattite dal passaggio dei mezzi blindati. C'erano mattoni rotti o polverizzati dappertutto la gente li aveva presi da alcuni cantieri vicini e se n'era servita per tirare rabbiose ma innocue sassate ai mezzi pesanti dell'esercito liberatore" (Pecora 1989). Che le sassate fossero proprio "innocue" non sembra affatto a giudicare dalle tante teste fasciate e dalle migliaia di soldati feriti.



Gli stessi media occidentali non hanno potuto nascondere né le barricate né che la gente lanciava bombe incendiarie. ... "La notte del giugno 3-4 ... Avvicinandosi da ovest lungo il Viale della Pace Eterna, colonne di blindati per trasposto truppe e carri armati si sono scontrati contro barricate di autobus erette dai manifestanti armati di pietre e bombe molotov" scrive Guy Dinmore, responsabile della Reuters a Pechino (1987 - 1991) in un articolo sul Financial Times (3 giugno, 2009). Raffiche selvagge di armi automatiche colpivano la folla e i condomini che costeggiano i viali principali di Pechino ... Mi sono imbattuto in corpi accatastati nell'obitorio di una clinica con medici e infermieri che hanno fatto quello che potevano mentre i loro piedi scivolavano lungo corridoi pieni di sangue.. La folla ha picchiato, rapito e ucciso soldati e ufficiali. Ufficiali sono stati tirati giù dai carri armati e uccisi. Dopo che un veicolo corazzato è stato bruciato e il suo equipaggio ucciso, i soldati hanno sparato alla gente che lanciava molotov. Sulla Chang'an Avenue, quando un veicolo militare si è improvvisamente rotto, i rivoltosi lo hanno circondato e ucciso il conducente con dei mattoni. A Fuchengmen, il corpo di un soldato è stato appeso sopra sulla balaustra del cavalcavia dopo essere stato ucciso. A Chongwenmen, altri soldati sono stati gettati giù dal cavalcavia e bruciati vivi. Vicino a un cinema, un ufficiale è stato picchiato a morte, sventrato e gli sono stati cavati gli occhi. Il suo corpo è stato poi infilato su un autobus bruciato.


Rileva il Presidente dell'Associazione Cinese dei Diritti Umani: "La sera del 3 giugno, io stesso ho avuto una visione chiara, perché vivevo al piano inferiore del nostro edificio, vicino a una delle strade principali. Ho visto molto di quello che stava accadendo per le strade. A quel tempo, il nostro esercito venne a sgomberare le persone sulla piazza Tiananmen. Ma prima di arrivare a piazza Tiananmen hanno incontrato dei delinquenti di strada che con delle pietre hanno colpito i soldati. I soldati non hanno reagito". Egli vede un camion militare prendere fuoco, allora "i delinquenti hanno usato pietre e bombe Molotov per colpirlo. I soldati non hanno reagito. Poi ho visto che avevano lanciato un sacco di bombe molotov. I soldati, oltre 12 persone, sono scesi dal veicolo. Dopo essere usciti, molti di questi teppisti li hanno inseguiti. L'EPL non ha reagito. Due dei soldati sono corsi verso la parte superiore della passeggiata pedonale del ponte. I teppisti li ha inseguiti, ne hanno preso uno, e lo hanno gettato giù dal ponte. L'hanno ucciso. Ho visto io stesso". Egli continua: "Ad esempio a Xinhuamen un incrocio importante, una guardia giurata che sorvegliava gli uffici governativi è stata colpito alla testa. In molti caddero così. Quindi, in queste circostanze, senza proiettili di gomma o lancio di gas lacrimogeno, alla fine hanno usato le loro armi. Questa era la situazione. Questo era il risultato" (Mackinnon 1999).



Conferenza stampa dei militari sugli 
avvenimenti di Tienanmen

Originariamente si è trattato di un massacro di soldati e membri della polizia armata da parte dei rivoltosi, in seguito della repressione della sommossa. I rivoltosi hanno dato battaglia. Il rapporto dell’Ambasciata americana parla di “battaglia campale”: “Nel tentativo di rallentare l’avanzata, i dimostranti lanciano mattoni e sassi e picchiano e uccidono alcuni di loro. Il numero dei civili morti non è 3000 come riportato dalla stampa ma è comunque più più alto delle cifre ufficiali. Una folla ha impegnato le truppe in una battaglia campale lungo l’incrocio tra la Fuxing e Changhan Avenue” (U.S. Embassy 1989). Vi sarebbero stati anche bus suicidi lanciati contro unità corrazzate.

Sentiamo il resoconto di altro giornalista, John Pomfret. Dopo le 20.00, i soldati tentano di sfondare le barricate. La folla scaglia violentemente pietre contro i soldati. Quei soldati poi scompaiono mentre i corazzati per il trasporto delle truppe [APC] iniziano a speronare i bus. Qualcuno getta una sorta di tappeto imbevuto di benzina negli autobus, e gli autobus si incendiano. Il fuoco sui bus è ardente, e si può sentire il rumore delle APC che speronano gli autobus spingendoli fuori della strada. I soldati ad un certo punto hanno sfondato.

Un grosso problema per le forze armate è una barricata che è stata utilizzata su e giù per Chang'an Boulevard. Nel corso delle manifestazioni, in particolare dopo la legge marziale, la gente si trasferiva in quelle barricate per bloccare i carri armati. La barricata riesce a rallentare i carri armati fino a fermarli. Quando succede, la gente può saltare sui carri armati. In un paio di casi, gli ufficiali vengono tirati fuori dei carri armati, picchiati e uccisi dai manifestanti. L’EPL, ovviamente, ha mostrato una fotografia di un ufficiale spogliato nudo con il suo cappello allegramente sulla testa dopo che è stato sventrato dai manifestanti (Pomfret 2005).

I carristi erano rintanati all'interno 
dei carri perché temevano di essere 
attaccati dai ribelli
L’Ambasciata americana rileva: “Cittadini cercano di fermare le truppe e bruciano veicoli militari, centinaia di veicoli militari compresi 34 carri armati e molti veicoli corrazzati per il trasporto delle truppe sono stati distrutti negli ultimi due giorni. Gli studenti ne hanno catturato uno. Alcuni studenti hanno catturato delle armi e vogliono resistere. Fonti della stampa riportano che più di mille soldati o poliziotti sono stati uccisi o feriti e che alcuni civili sono stati uccisi. Fonti di stampa straniere riportano che i dimostranti hanno bruciato veicoli corazzati e ucciso uomini della sicurezza” (U.S. Embassy 1989). Nel mettere in rilievo i morti tra i soldati piuttosto che tra i civili c’è la speranza che gli insorti possano vincere. Ancora non si è fatta strada la versione ufficiale della stampa occidentale dell’Esercito che spara a freddo sugli studenti pacifici o dei carri armati che schiacciano gli studenti nelle loro tende mentre dormono.. Sembra che sia in atto invece una rivoluzione violenta contro il potere comunista come in Ungheria nel 1956. Più tardi, secondo la stampa occidentale, una serie di edifici governativi sono stati attaccati e le loro guardie ferite. I rivoltosi hanno assaltato la Grande Sala del Popolo, il Dipartimento Centrale di Propaganda, il Ministero di Pubblica Sicurezza, il Ministero della Radio, Film e Televisione e la sede del Comitato Centrale del Partito di Zhongnanhai e del Consiglio di Stato. E’ davvero inconcepibile come il governo avesse lasciato per settimane una zona così densa di obiettivi sensibili in mano ai manifestanti.

Ludo Martens ci fornisce un eloquente resoconto preso dalla stampa internazionale:
Libération ha descritto gli eventi del Venerdì 2 giugno in questi termini: "le masse si sono lanciate sui militari, per la maggior parte molto giovani e disarmati. Migliaia di soldati sono stati fatti prigionieri. I loro ufficiali hanno ordinato loro di non resistere " Sabato 3 giugno, alle ore 15, il giornalista di Libération annota che i manifestanti hanno incendiato veicoli militari e continua:.". Vengono mostrate armi, raccolte da uno dei veicoli, . Pechino c'è già da questo pomeriggio l'aria di ammutinamento. "" "Senza violenza non si possono fare i cambiamenti. Dobbiamo prepararci per questo. Non temiamo la violenza", grida un operaio. La violenza è già nell'aria. Sabato scorso, alle cinque del pomeriggio, al Palazzo del Popolo, dei giovani pattugliavano con pietre e lunghi bastoni strappati alla polizia. "Siamo pronti a sacrificarci," grida un oratore improvvisato. "Se uno di noi cade, un milione si ribelleranno." Le masse gridano abbasso il regime fascista! Sempre più spesso si parla di "rispondere alla violenza dello Stato " Leggiamo in Le Soir:"per chilometri sia ad ovest e ad est di piazza Tiananmen, la Chang'an Avenue non è che una successione di barricate." Il giornale di destra Far Eastern Economie Review scrive: "Nel pomeriggio del 3 giugno, un nuovo intervento di soldati a piedi e disarmati è stato fermato di fronte all'Hotel Beijing, ma questa volta, alcuni soldati vengono brutalmente picchiati da bande di giovani criminali che sono apparse la prima volta in piazza Tiananmen con sbarre di ferro e bastoni. In numerosi incidenti, alcuni soldati sono stati uccisi, picchiati con pugni e pietre. In Chong Wen Men, il corpo di un soldato è stato bruciato. In un altro incidente, i manifestanti hanno mutilato il corpo di un soldato. "(76) Un cittadino belga a Pechino dice per telefono," inizialmente hanno inviato i carri armati della 38º dell'esercito contro gli occupanti di Tiananmen. Non avevamo cercato la violenza. Hanno fallito, ci sono morti nei loro ranghi." (Martens 1991)
Altri veicoli militari dati alle fiamme
Risulta dunque dai resoconti della stampa internazionale, che le truppe sono state disarmate, i veicoli militari attaccati, e i soldati picchiati molto prima che l'EPL aprisse il fuoco (Tristram 1992). Il 12 giugno il Wall Street Journal riporta che “Foto aeree della conflagrazione e colonne di fumo hanno potentemente appoggiato l’argomento del governo cinese che le truppe erano vittime e non carnefici”(Kelly 1992). "I soldati stanno uccidendo le persone e le persone stanno uccidendo i soldati" ha dichiarato uno dei rivoltosi (Gatterdam 2010). Occorre sapere chi per primo iniziò le violenze. Il governo ha affermato che più di 1.280 veicoli sono stati bruciati o danneggiati durante la ribellione, tra cui oltre 1.000 veicoli militari, più di 60 carri armati, oltre 30 auto della polizia, oltre 120 autobus pubblici e filobus e oltre 70 veicoli a motore di altra natura. La mattina del 5 giugno, un report dell’Ambasciata americana conferma che le fonti riferiscono la presenza di un gran numero di veicoli militari bruciati sparsi per la città. Più di 6.000 ufficiali, soldati e poliziotti sono stati feriti e decine di loro uccisi (Editorial Board 1990). Nei Tiananmen Papers dove possiamo seguire in diretta i commenti dei dirigenti si dice che più di cinquecento camion dell’esercito sono stati incendiati in corrispondenza di decine di incroci. Su Chang’an Avenue un camion dell’esercito si è fermato per un guasto al motore e duecento rivoltosi hanno assalito il conducente picchiandolo a morte. All’incrocio Cuiwei, un camion che trasportava sei soldati ha rallentato per evitare di colpire la folla. Così dimostranti hanno cominciato a lanciare sassi, bombe molotov e torce contro di quello, che a un certo punto si è inclinato sul lato sinistro perché uno dei suoi pneumatici si è forato a causa dei chiodi che i rivoltosi avevano sparso. Allora i manifestanti hanno dato fuoco ad alcuni oggetti e li hanno lanciati contro il veicolo, il cui serbatoio è esploso. Tutti e sei i soldati sono morti tra le fiamme (Nathan e Link 2001, 444-45). I manifestanti deliberatamente cercavano la prova di forza. La provocazione e indecisione dal lato degli studenti ha fatto precipitare l'epilogo finale, l'assassinio, lo squartamento dei soldati e l'esposizione pubblica dei loro corpi che precede, e non segue, l’apertura del fuoco contro la folla (Tristram 1992).

Bibliografia

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