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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

mercoledì 7 marzo 2012

2.1.9: Fine della rivoluzione colorata. L'Oriente è ancora rosso

2. Ancora una primavera. Tienanmen e dintorni
2.1 Il mito del massacro di Tienanmen



L'Oriente è rosso, il sole sta sorgendo.
(dall'inno L'oriente è rosso)


Questa piccola tempesta non ci spazzerà via. Non vogliamo offendere nessuno; ci stiamo semplicemente impegnando a fondo nel nostro lavoro. Chiunque tenti di interferire nei nostri affari o di minacciarci resterà a mani vuote. Noi cinesi abbiamo fiducia in noi stessi; i complessi di inferiorità non portano da nessuna parte. Per oltre un secolo siamo stati indotti a sentirci inferiori, ma in seguito, sotto la guida del Partito comunista, ci siamo rialzati. Nessuno smargiasso può ora farci paura. Abbiamo lot­tato per otto anni contro i giapponesi e per tre anni contro gli ameri­cani in Corea. La nostra tradizione è vincente anche se siamo in minoranza o scarsamente armati. Il nostro popolo non abbasserà la testa di fronte alle invasioni o alle minacce straniere e tanto meno i nostri figli e i nostri nipoti. Questo incidente ci ha insegnato che la sovranità e la sicurezza del nostro Paese vengono prima di tutto. Ora lo vediamo più chiaramente di prima. Il popolo cinese non tollererà mai un comportamento che violi le norme internazionali, né si piegherà alle pressioni. È stato assolutamente necessario fare uso della legge marziale per affrontare i disordini. In futuro, ogni qual volta si riveli necessario, useremo misure severe per sradicare i primi segni di disordini non appena si manifestino. Questo mostrerà che non tollereremo l'interferenza stra­niera e proteggeremo la nostra sovranità nazionale. In breve, le condizioni indispensabili per raggiungere i nostri obiettivi di sviluppo sono: avere una situazione interna stabile e una pacifica a livello internazionale. Non ci interessa quello che gli altri dicono di noi, ci interessa solo poter contare su un ambiente tran­quillo per il nostro sviluppo. Non chiudiamo alcuna porta: la più grande lezione che ci viene dal nostro passato è di non isolarci dal mondo, ciò ci farebbe solo perdere il contatto e ci ridurrebbe in uno stato letargico. Se la storia confermerà la superiorità del sistema socialista cinese, ci basterà.
Deng Xiaoping

Il movimento studentesco voleva il diritto di avere le Nike e tempo libero per portare la propria ragazza al bar.
Wuer Kaixi, intervistato in The Gate of Heavenly Peace


Con dichiarazioni come queste del leader studentesco Wuer Kaixi e Deng Xiaoping riportate sopra non si capisce come, nella testolina della fu sinistra radicale l'uno (Deng) sia diventato il simbolo del capitalismo-consumismo e l'altro (Wuer) quello del socialismo. Ma tant'è...

Nonostante la repressione armata della guerriglia violenta contro l'Esercito e la Polizia il governo dimostrò ancora prudenza e pazienza nei confronti delle dimostrazioni scoppiate il 4 giugno in sessantatré città dell'intera Cina. Se effettivamente le autorità avessero dato l'ordine di sparare sui dimostranti pacifici a Pechino davanti alle telecamere di mezzo mondo non avrebbe fatto la stessa cosa in provincia? In realtà fu persino steso un rapporto che "raccomandava di stare molto attenti nell'applicare la politica cor­rente agli studenti e che occorreva limitare al minimo il numero di studenti puniti".


Un esempio è quello di Shanghai. I manifestanti cercano di bloccare un treno provocando un incidente ferroviario e per di più cercano di bruciare il treno e addirittura tentano di buttare nel fuoco i pompieri che sono venuti a spegnerlo: "...la notizia giunta da Shanghai è ancora più orribile: poco fuori della stazione, c'è stato ieri uno scontro con più di cento fra morti e feriti. Una locomotiva stava facendo manovra quando sui binari sono arrivati gruppi di manife­stanti che l'hanno bloccata. Giungeva in quel momento un treno da Nanchino che non ha fatto in tempo a frenare e ha ucciso sei persone. I rivoltosi hanno allora assalito il perso­nale del treno, hanno bruciato nove vagoni e hanno resisti­to alle forze di polizia intervenute poco dopo, incendiando sei motoveicoli. La lotta è continuata all'arrivo dei vigili del fuoco; c'era chi voleva spingere gli agenti nelle fiamme, questi hanno sparato e alla fine è rimasta sui binari una montagna di morti e di feriti" (Fiore 1989, p.291). Secondo i Tienanmen papers a Shanghai il governo municipale ha inviato seicentocinquanta persone a sgomberare i blocchi stradali in centoventi punti della città, ma ne sono stati eretti di nuovi in altri centoquarantacinque punti, intasando gli incroci e fermando così il traffico nel centro. Nel corso della gior­nata, sono stati bloccati e sgomberati a ripetizione i passaggi a livello. Alle 20.45 il treno numero 161 proveniente da Pechino ha investito nove persone che si erano radunate per assistere allo spettacolo di una locomotiva cui era impedito di avanzare. Cinque di loro sono morte. Alle 22.00 più di trentamila persone si erano riunite sulla scena, interrompendo il traffico ferroviario e creando disordini. I dimostranti hanno picchiato un macchinista, hanno appiccato il fuoco ai vagoni e hanno impedito alle autopompe di giungere sul luogo. Sono andate distrutte otto carrozze. Il governo municipale ha inviato settecento poliziotti perché ripristinassero l'ordine (Nathan and Link 2001, p. 464). Dunque un incidente provocato dai manifestanti che poi hanno seminato il terrore con autentici atti di teppismo.

Straordinario il sangue freddo (e la pazienza) delle autorità che riuscirono a ristabilire l'ordine senza alcun intervento violento: Sempre a Shanghai gli studenti universitari hanno fermanto i camion militari e creando blocchi stradali che per bloccare il traffico in decine di strade principali della città. Quaranta­due aree erano state completamente bloccate. Sette linee di autobus erano state sospese e per altre sessantatré è stato necessario ridurre le corse o cambiare il percorso. I dipartimenti municipali hanno tentato di sgomberare i blocchi stradali per riportare all'ordine il normale flusso del traffico. Un portavoce del governo ha chiesto per due volte agli studenti, tramite la televisione e la radio, di rimuovere i blocchi stradali, di sgomberare gli incroci e di tornare nelle univer­sità. Nel frattempo, le auto­rità hanno rimosso più di dieci blocchi stradali, mentre alcune per­sone provenienti dalle scuole superiori e dagli istituti di ricerca hanno continuato a crearne di nuovi, ma hanno anche proseguito con le marce di protesta e comizi vari. (Da "Stralci da «Saldo sostegno alle decisioni prese dal Partito centrale, dal Consiglio di Stato e dalla Com­missione centrale militare per pacificare la som­mossa controrivoluzionaria nella capitale». Comitato di Partito di Shanghai e governo di Shan­ghai, fax inviato al Partito centrale e al Consiglio di Stato, 4 giugno").

A Lanzhou. gruppi di manifestanti, si sono diretti alla stazione ferroviaria, ai passaggi a livello e al ponte del fiume Giallo per bloccare il traffico. Alcune centinaia di persone si sono recate alla stazione per stendersi sui binari. Le principali arterie ferroviarie e stradali nel nordovest del Paese, la linea Lanzhou-Lianyungang e la linea Lanzhou-Xinjiang, erano bloccate. A Jinan e Taiyuan gli studenti delle scuole superiori, a Qingdao, a Nanchino, a Changchun, Shenyang, ad Harbin (dove gli studenti hanno mar­ciato verso la sede del governo provinciale) e Hohhot nella Mongolia Interna gli studenti universitari hanno sfilato mostravano cartelli e striscioni che riportava slogan quali: «Abbasso Li Peng», «Ridateci i nostri compagni di lotta», «Lutto per le vittime di Pechino»,«I debiti di sangue devono essere pagati con il sangue», «L'esercito ha dimostrato con carri armati e mitragliatrici che è entrato a Pechino per reprimere gli studenti e le masse» e «Maresciallo Xu e maresciallo Nie, che cosa ne è stato delle vostre promesse?», «Opporsi alla repressione», «Opporsi alla violenza», «Abbasso il governo autoritario», «Rovesciamo il governo fasci­sta», «Metti giù il coltello da macellaio, Li Peng», «Ridateci i nostri compatrioti», «Vendetta per gli studenti e i cittadini che oggi sono morti a Pechino», «Perché non sparate anche a noi?». A Jian gli slogan sono stati anche scritti sugli autobus e sui filobus nel centro città (Nathan and Link 2001, p. 472).

Dopo la repressione di Pechino la «lunga marcia per la democrazia», che era giunta a Sanjiexiang, a trenta chilometri da Chuzhou, la maggior parte degli studenti partecipanti ha inter­rotto la marcia e a fatto ritorno a Nanchino con gli autobus inviati dalle scuole. Ma circa settanta ragazzi erano intenzionati a portare a termine la marcia. Allora il personale della Commissione provinciale per l'istru­zione e per la Sicurezza Pubblica della provincia, insieme ai capi di alcune scuole, ha preso la decisione di fermarli. Alle 10.30 del 4 giugno tutti i dimostranti si trovavano sugli autobus diretti a Nanchino. I pochi che hanno insistito per proseguire sono stati convinti lungo la strada a salire a bordo dei bus. Circa una decina di membri della squadra di avanzamento si erano rifugiati in alcune abitazioni, ma sono stati loca­lizzati e anch'essi persuasi a fare ritorno a Nanchino. A Hangzhou gli studenti delle scuole superiori sono scesi in piazza con striscioni sui quali erano riportati slogan quali: «Difendere la giustizia», «Pagare il sangue con il sangue», «Lavare via il sangue con il sangue», «Ripagare il debito di sangue», «Ridateci i nostri compatrioti», «Condannare i traditori nazionali» e «Abbasso Li Peng». A Nanchang ci manifestanti por­tavano corone e distribuivano volantini con la trascrizione della trasmissione della Voice of America sui fatti di Pechino. (Stralcio da «La squadra di avanzamento della lunga marcia per la democrazia è stata dispersa, tutti gli stu­denti diretti a nord sono tornati a Nanchino», governo dello Jiangsu, fax inviato al Consiglio di Stato, 4 giugno) (Nathan and Link 2001, p. 472)

L'Ufficio della Sicurezza Pubblica di Chengdu ha annunciato che sarebbe stato fermato il traffico in direzione della piazza dopo l'annuncio e l'opera di persuasione della polizia, più della metà dei trecento studenti che stavano seduti nella piazza ha deciso di andarsene. Alcuni sono rimasti sono stati costretti con la forza a sgombe­rare. Più tardi studenti universitari hanno, manifestato ma sono stati fermati da cordoni della polizia a circa trecento metri dalla piazza. Gli studenti hanno tentato di rompere il cordone, la polizia ha attaccato i manifestanti con manganelli a sca­rica elettrica ma i manifestanti hanno get­tando mattoni e sassi. Gli agenti hanno fatto uso di gas lacrimo­geni e hanno rincorso gli studenti e i cittadini, colpendoli con i man­ganelli a scarica elettrica. Dopodichè è stata incendiata una stazione di polizia. La stazione, alcuni negozi e ristoranti nelle vici­nanze sono stati rasi al suolo dalle fiamme. A Changsha gli studenti hanno raggiunto la stazione ferroviaria, entrarono di corsa con striscioni, interrompendo per ore i traffico ferroviario. A Wuhan, i dimostranti hanno bloccato le maggiori arterie di traffico che collegano le città di Wuhan, Wuchang e Hanyang irrumpendo pure sui binari della linea ferroviaria Pechino-Canton. I treni merci diretti a nord e a sud furono obbligati a fermarsi. Dopo più di quattro ore di negoziati e di operazioni di sgombero, il traffico ferro­viario è ripreso. A Canton e Guiyang,dimostrazioni contro il governo... (Stralcio da «Scontro tra gli studenti e i civili di Chengdu e la Polizia armata del Popolo», mini­stero della Sicurezza di Stato, fax al Consiglio di Stato, 4 giugno) (Nathan and Link 2001, p. 459)

A Shijlazhuang manifestanti hanno attaccato il quartier generale della Ventisettesima armata al grido di: «Ventisette­sima armata macellai!», «La Ventisettesima armata reprime la gente», «La Ventisettesima armata uccide anziani, bambini e stu­denti». I dimostranti hanno assaltato l'entrata del quartier generale dell'esercito poco dopo la mezzanotte. In seguito, sono giunti duecen­tocinquanta poliziotti e hanno arrestato dodici dimostranti che sta­vano partecipando al sit-in. a Chengdu i dimostranti hanno incendiato il Centro commerciale del Popolo, di quin­dicimila metri quadrati. Le fiamme hanno raso al suolo anche il ristorante Rosa Imperatrice e con ordigni incendiari sono stati distrutti un cinema e due stazioni di poli­zia. È stata abbattuta una parete dell'edificio del governo municipale e la cucina è stata data alle fiamme. I dimostranti hanno invaso i piani terra di due dei più grandi hotel per stranieri (il Minshan e il Jinjiang) e hanno cominciato a picchiare, sfasciare e rubare oggetti. Quattordici autopompe della Polizia armata del Popolo e sei ambulanze sono state attaccate con ordigni incendiari e otto autobus sono andati distrutti. Tutti i negozi e i grandi magazzini erano chiusi. Manifestanti hanno fatto irru­zione negli uffici amministrativi di Ganzhou, dove hanno appiccato il fuoco a cinque auto, incluso un veicolo della polizia.A Shanghai il governo municipale ha inviato seicentocinquanta persone a sgomberare i blocchi stradali in centoventi punti della città, ma ne somop stati eretti di nuovi in altri centoquarantacinque punti, intasando gli incroci e fermando così il traffico nel centro. Nel corso della gior­nata, sono stati bloccati e sgomberati a ripetizione i passaggi a livello. Alle 20.45 il treno numero 161 proveniente da Pechino ha investito nove persone che si erano radunate per assistere allo spettacolo di una locomotiva cui era impedito di avanzare. Cinque di loro sono morte. Alle 22.00 più di trentamila persone si erano riunite sulla scena, interrompendo il traffico ferroviario e creando disordini. I dimostranti hanno picchiato un macchinista, hanno appiccato il fuoco ai vagoni e hanno impedito alle autopompe di giungere sul luogo. Sono andate distrutte otto carrozze. Il governo municipale ha inviato settecento poliziotti perché ripristinassero l'ordine (Nathan and Link 2001, p. 464).

Wuhan gli studenti hanno continuato a dimostrare, fermando il traffico in varie parti della città. Sit-in sui binari ferroviari, fermando così il traffico sulle linee Pechino-Canton e Wuhan-Dalian per tre ore. Più di un migliaio di stu­denti si è recato all'acciaieria di Wuhan e in altre importanti aziende per convincere i lavoratori a scioperare. Nanchino il traffico è stato relativamente scorrevole, ma almeno un migliaio di studenti era ancora presente nelle strade. Glistudenti di quattro università, hanno bloccato con quattro bus il ponte sul fiume Yangtze, permettendo il passaggio solo ai furgoni della posta e a quelli per la consegna del ghiaccio. hanno eretto blocchi stradali al ponte ferroviario di Zhongyangmen e non un solo treno è riuscito a passare tra le 08.40 e le 16.00, quando final­mente gli studenti sono stati persuasi ad andarsene. Il normale traf­fico è ripreso alle 17.00. Hangzhou per tre giorni gli studenti dell'Università Zhejiang sono rimasti stesi sui binari ferroviari. Alle 19.30, dopo che il vice governatore Chai Songyue e altri sono giunti per negoziare, gli studenti se ne sono andati dalla stazione ferroviaria del ponte Nanxing. Il normale traffico su rotaia è ripreso alle 20.12. Dalle 18.00 del 4 alle 18.00 del 5 giugno sono stati fermati in totale sessanta treni, quarantasei dei quali trasportavano passeggeri; quarantamila passeggeri sono rimasti bloccati dai due ai tre giorni. Centosessantasei treni merci non hanno potuto trasportare circa novantottomila duecentocinquanta tonnellate di merci.(Nathan and Link 2001, p. 472).
Racconta James Miles della BBC:
A Shanghai, migliaia studenti hanno montato decine di posti di blocco sulle principali arterie, gridando slogan come "pagate il debito di sangue" e "abbasso la tirannia". Nel corso delle prime ore del 7 giugno manifestanti hanno dato fuoco ad un treno dopo che aveva investito  una folla di manifestanti che bloccavano i binari, uccidendo almeno sei di loro. In migliaia hanno combattuto contro la polizia che era stata inviata sul posto. A Chengdu, la capitale della provincia sud-occidentale del Sichuan, i manifestanti hanno dato fuoco a un enorme mercato coperto, veicoli dei pompieri sono stati alle fiamme, hanno lanciato pietre e bottiglie verso il municipio e saccheggiato i foyer dei due migliori hotel per gli stranieri della città. Nella città centrale di Wuhan, migliaia di studenti hanno bloccato la linea ferroviaria principale nord-sud  della Cina, dove si viene attraversato il fiume Yangtze, fermando tutto il traffico ferroviario per diverse ore. A Zhengzhou, capitale della provincia centrale di Henan, migliaia di studenti hanno marciato per le strade, gridando slogan come "impadronirsi delle armi e distruggere il governo reazionario", "ripagare il sangue con il sangue," e "impiccare Li Peng"... Nemmeno durante le fasi più tumultuose della Rivoluzione Culturale degli anni '60 e '70, a Pechino si era mai assistito a una tale violenza, né a un tale crollo totale dell'ordine. Uno dei miei ricordi più vivi è di piedi su un cavalcavia ad est di piazza Tienanmen il giorno dopo che l'esercito si mosse. la via normalmente occupato che conduce verso la piazza era un labirinto di barricate in fiamme. (Miles 1997, p. 20).
Addirittura peggiore di quello che successe durante la Rivoluzione Culturale, bestia nera dei liberali. Quello che non si spiega è perché di fronte all'incendio di un treno, al blocco di un nodo cruciale della rete ferroviaria, all'incendio di un mercato e all'assalto di un hotel un governo non possa reagire. 
I Tiananmen Papers sono molto
importanti per ricostruire
la dinamica dei fatti
Il governo pazientò e lasciò che tutto tornasse naturalmente all'ordine. Tra gli studenti in piazza e i manifestanti non c’erano solo ingenui difensori della democrazia. Il movimento fu infatti, fortemente appoggiato da Taiwan e dai servizi segreti occidentali che facevano capo ad Hong Kong (Egido 2004). Si può addirittura affermare che si sperimentò allora lo schema della famigerate “rivoluzioni colorate". L’esperto di geopolitica F. William Engdahl individua nel Colonnello Helvey che aveva operato in Birmania per la Defense Intelligence Agency – Agenzia di Intelligence per la Difesa colui che allenava gli “studenti” di Tienanmen. Egli aveva addestrato studenti cinesi ad Hong Kong alle tecniche delle dimostrazioni di massa che furono poi applicate a Pechino per poi diventare consulente del Falun Gong. Nella sua relazione all’Albert Einstein Institution del 2004 ammette di stare addestrando i separatisti tibetani (Engdahl 2008). Secondo i dirigenti cinesi a quanto rivelano i Tienanmen papers l’uso da parte dei manifestanti di gas asfissianti o velenosi e soprattutto l’edizione-pirata del «Quotidiano del popolo» dimostrano che gli incidenti non siano una vicenda esclusivamente interna alla Cina (Nathan e Link 2001, 391).A proposito dei gruppi violenti Martens si chiede. "Chi sono questi gruppi di assassini? Johan Galtung che esaminò i video delle violenze scrive "si muovono velocemente e da lontano, lanciando molotov, sapendo esattamente come distruggere un veicolo o un blindato. A quanto pare, hanno una trentina d'anni." (Martens 1991). Non sono dunque studenti.

Il Vancouver Sun in un commento datato 17 Settembre 1992 e attribuito all'Associated Press rilevava:
" Il capo della CIA in Cina ha lasciato il paese due giorni prima che le truppe cinesi hanno attaccato i manifestanti nella capitale Pechino nel 1989, dopo che aveva previsto che i militari non avrebbe agito, hanno detto i funzionari Usa ... La CIA aveva fonti tra manifestanti, così come all'interno dei servizi di intelligence della Cina con il quale godeva di un rapporto stretto dal 1970, hanno detto che i funzionari, che hanno parlato questa settimana sotto la condizione dell'anonimato. Per mesi prima dell'attacco contro i manifestanti,del 3 giugno la CIA aveva aiutato gli studenti attivisti a formare il movimento anti-governativo, fornendo macchine da scrivere, fax e altre apparecchiature per aiutarli a diffondere il loro messaggio, ha detto un funzionario. La CIA ha rifiutato ogni commento. " Dopo il bombardamento dell'Ambasciata cinese a Belgrado nel 1999 lo stesso giornale riportava un articolo del Washington Post: " La Cina ha accusato gli Stati Uniti di aver incitato le massicce proteste per la democrazia di piazza Tiananmen, che hanno scosso Pechino dieci anni fa, come parte di una strategia volta a promuovere il caos politico in Cina ". Il Washington Post dice che cosa pensa di una simile affermazione, che sarebbe stata fatta in modo ufficiale da parte dal parlamento Cinese. Naturalmente tutti sappiamo che qualsiasi cosa stampata dal Post proveniente dalla Cina deve essere sicuramente delirante, mentre qualsiasi cosa proveniente da Washington deve essere creduta senza ombra di dubbio. L'articolo del Post continua con questa dichiarazione da parte del parlamento cinese: " Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo vergognoso nelle proteste del 1989 che hanno diretto e progettato, fornendo soldi e beni per sostenere coloro che hanno creato i disordini- continua la dichiarazione- l'America ha diffuso anche voci orribili utilizzando i propri mezzi di comunicazione per imbrogliare e ingannare la comunità internazionale" (Rodvik 2013).

L'ex agente della CIA Ralph McGehee aggiunge: "Prima dell'incidente di piazza Tiananmen, il NED ha mantenuto due uffici in Cina e condotto seminari periodici per la democrazia. NED ha anche sponsorizzato diversi scrittori cinesi e pubblicazioni. Probabilmente il NED o la CIA, hanno reclutato numerosi studenti cinesi che studiavano negli Stati Unitiì che, quando è iniziata la protesta di Piazza Tienanmen, hanno contribuito inviando fax e migliaia di lettere a destinatari in Cina, infiammando l'opinione pubblica attraverso la Voice of America, facendo riparare un dissidente di primo piano nell’Ambasciata degli Stati Uniti, che ha anche organizzato la fuga di molti dissidenti dalla Cina. NED continua a sostenere gli attivisti cinesi e i premi della "Dea della Democrazia" di Tiananmen, ​​per i noti dissidenti di tutte le nazioni. "

Lo stesso Ilario Fiore, pur simpatizzando con gli studenti, scrive alcuni giorni prima del 3 giugno:
A Hong Kong il governo centrale mantiene l'equivalen­te di un'ambasciata che ufficialmente appare sotto l'eti­chetta dell'ufficio dell'agenzia «Nuova Cina». Il direttore della sede non è naturalmente un corrispondente ma un funzionario governativo col rango di ambasciatore straor­dinario. La sua agenzia non ha certo mancato al suo com­pito di informare il governo sulle voci che corrono e sulle iniziative che si prendono a sostegno della protesta. Di qui la campagna dei servizi di sicurezza per identificare gli agenti segreti che sarebbero arrivati a Pechino e a Shan­ghai da Hong Kong e da Taiwan. Va anche detto che non si tratta di una battuta contro i fantasmi per due ragioni particolari: la prima è che nella confusione delle ultime set­timane il controllo degli arrivi e delle partenze negli aero­porti, più che rilassato, si è letteralmente disintegrato, non solo per i documenti ma anche per i bagagli. Chiunque può arrivare da Hong Kong con documenti falsi e valuta estera col minimo rischio di essere scoperto. La seconda ragione sta nel fatto che molte iniziative di solidarietà e di appoggio materiale sono state rese pubbliche sui giornali, alla televi­sione e durante le manifestazioni che i cinesi di Hong Kong hanno organizzato a favore degli studenti di Pechino. E dunque possibile che oggi a Pechino si muovano "i clande­stini" nella loro assurda missione di spingere la protesta po­polare verso la controrivoluzione armata (Fiore 1989, p.250).
A Shanghai centoquarantatré membri di organizzazioni illegali si sono presentati alla Sicurezza Pubblica per farsi registrare o per confessare; sono stati arrestati 273 elementi che hanno preso parte a disordini di viario genere, sono stati scoperti tre gruppi controrivoluzionari e due circoli di spie del kuomintang di Taiwan. Yao Yongzhan (alias Zhang Cai), residente a Hong Kong e figura di spicco della sede di Shanghai della FAS, è stato arrestato all'aeroporto di Hongqiao. (Nathan e Link 2001, p. 516).

Scrive un esperto di servizi segreti:
Certamente, come ho già scritto, ci sono prove circostanziali piuttosto forti che fanno pensare che la CIA e il Dipartimento di Stato USA abbiano giocato un ruolo importante nel tentare di aizzare gli studenti a piazza Tiananmen; come la CIA aveva fatto in Ungheria nel 1956, per scatenare una repressione governativa che si concludesse con un bagno di sangue. Più o meno nello stesso periodo delle proteste, nell’Aprile-Giugno 1989, il governo cinese aveva dissolto una ONG locale facente capo al broker statunitense George Soros, il Fondo per la Riforma e l’Apertura della Cina, dopo aver interrogato il suo direttore cinese nell’Agosto 1989 e aver affermato che il Fondo Soros Cina aveva legami con la CIA. Secondo report cinesi questo fondo era stato supportato da Zhao Ziyang, funzionario cacciato dal Partito Comunista. Per di più è significativo che, oltre al Fondo Soros, Gene Sharp del Cambridge Massachusetts Albert Einstein Institution, i cui manuali sulla “non-violenza come strumento di guerra” sono stati i vademecum di tutte le rivoluzioni colorate avvenute fino ad oggi, fosse a Pechino alcuni giorni prima dei fatti di Tiananmen. Inoltre l’ambasciatore Lilley era un ufficiale in carriera della CIA, il quale, come il poi presidente George W. Bush, aveva fatto parte della società segreta di Yale del Teschio ed Ossa e lavorava per la CIA con Bush. Le prove circostanziali indicano un tentativo di destabilizzazione della Cina da parte degli USA in concomitanza del collasso dell’URSS nel 1989, con Lilley a svolgere la parte di coordinatore sul campo. (Engdahl 2014)
L'intervento dell'Esercito popolare di Liberazione fece fallire i piani della CIA
Come le rivoluzioni colorate insegneranno fin troppo bene, gli eventi, spesso creati con il concorso dei propri agenti, verranno drammatizzati dalla stampa occidentale: Bo Yibo afferma in una riunione della Ufficio Politico : «Ho del materiale pronto: resoconti di tutti i grandi servizi informativi e reti televisive occidentali sul cosiddetto bagno di sangue del 4 giugno a Tienanmen e sul numero di morti e feriti. Ve lo leggo. Associated Press: "Almeno cinquecento morti"; nbc: "Quattrocento morti, diecimila feriti"; abc: "Duecento morti". Agenzie di informa­zioni segrete americane: "Tremila morti", BBC: "Duemila morti, almeno diecimila feriti". Reuters: "Più di un migliaio di morti".'L'Agenzia France Presse: "Almeno millequattrocento morti, diecimila feriti". United Press International: "Più di trecento morti". Agenzia stampa Kyodo: "Tremila morti, più di duemila feriti". L'agen­zia giapponese Yomiuri Shimbun: "Tremila morti". Quando cifre del genere vengono diffuse in tutto il mondo l'impatto è enorme! Dob­biamo contrattaccare e rispondere a queste voci» (Nathan e Link 2001, 484). Parleremo più a lungo del ruolo dei media ma ricordiamo il ruolo specifico avuto da The Voice of America nell'agitare gli animi e nella diffusione di notizie che solo con un eufemismo diremmo tendenziose (Nathan e Link 2001, 391).
Dalle sanzioni si passa al tentativo di isolamento internazionale:
5-20 giugno Sanzioni estere. Proteste in diversi Paesi tra cui gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Francia, la Germania, l'Italia, la Svezia e il Canada. Il rapporto sugli Stati Uniti riferiva che il presidente Bush esprimeva «un pro­fondo rincrescimento» rispetto all'uso della forza compiuto dal governo cinese per reprimere il movimento democratico, anche perché più volte era stato chiesto alla Cina di evitare i mezzi violenti. Il segretario di Stato, James Baker, definì l'attacco «un evento estremamente deplorevole» e disse che «preoccupava pro­fondamente» il popolo americano. Il Congresso premette affinché fossero intrapresi drastici provvedimenti nei confronti della Cina. Stephen Solarz, presidente della Sottocommissione per l'area dell'Asia-Pacifico della Commissione della Camera per gli Affari Esteri, chiese di richiamare l'ambasciatore americano e di cessare la cooperazione militare e gli scambi commerciali. Il senatore Jesse Helms richiese sanzioni economiche. Il Congresso iniziò anche a discutere di garantire «asilo» agli studenti cinesi che si trovavano allora negli Stati Uniti. In Inghilterra, il primo ministro Margaret Thatcher espresse shock e indignazione per il massacro indiscriminato di civili disarmati, soprattutto in considerazione delle responsabilità britanniche a Hong Kong. Anche il partito all'opposi­zione condannò le uccisioni e chiese che i governi occidentali agissero. Il mini­stero degli Affari Esteri consigliò ai cittadini britannici di rimandare le visite in Cina. In Francia, il presidente François Mitterand rilasciò una dichiarazione nella quale esprimeva shock e indignazione e aggiungeva che un governo che apre il fuoco sui propri giovani non ha futuro. In Svezia il primo ministro condannò l'uso della forza e chiese che si passasse al dialogo, mentre il ministro degli Affari Esteri definì l'uso della forza un enorme passo indietro nello sviluppo della Cina. Nella Germania occidentale, il cancelliere Helmut Kohl espresse shock e indignazione ed estese il proprio appoggio agli studenti cinesi. Un funzionario di alto livello aggiunse che sebbene la Germania non desiderasse interferire con le questioni interne cinesi, non era permissibile che uno Stato aprisse il fuoco sui propri cittadini; aggiunse inoltre che gli Stati membri dell'Unione Europea si sarebbero dovuti consultare per fornire una risposta adeguata. L'ambasciata tedesca a Pechino garantì sostegno agli studenti della Germania che si trovavano in Cina. Il governo italiano condannò l'uso della forza e chiese che gli studenti aprissero il dialogo con il loro governo (Nathan and Link 2001, p.459-60)

Simbolo e bandiera dell'EPL
Alle Nazioni Unite, un portavoce disse che il segretario generale era «estremamente demoralizzato» per gli eventi di Pechino, ma chiedeva che vi fosse un'urgente moderazione, ricordando che la Carta dell'ONU si oppone all'intervento negli affari interni degli Stati membri. A Zhongnanhai arrivò un'ondata di resoconti su come la condanna estera fosse sostenuta dall'idea delle sanzioni. Negli Stati Uniti, il 5 giugno, il presidente Bush annunciò cinque misure: il blocco momentaneo della vendita di armi e delle esportazioni commerciali in Cina; la sospensione delle visite tra i capi militari americani e quelli cinesi; il riesame delle richieste degli studenti cinesi di estendere la durata del loro soggiorno negli Stati Uniti; la fornitura di aiuto medico umanitario alle vittime tramite la Croce Rossa Internazionale e la revisione degli accordi bilaterali. La Camera dei rappresentanti votò unanimemente per sostenere la decisione del presidente riguardo la cessazione della cooperazione militare con la Cina, mentre il Senato, con voto unanime, chiese che il presidente prendesse ulteriori provvedimenti. Il governo degli Stati Uniti annunciò che a circa quarantacinquemila cinesi sarebbe stato permesso di restare anche dopo la scadenza dei visti. Il sindaco di New York, Edward I. Koch, interruppe la relazioni con Pechino, città gemellata, e chiese che l'incrocio tra la Quarantaduesima Strada e la Dodicesima Avenue, davanti al consolato cinese, fosse ribattezzato «Piazza Tienanmen». Il 20 giugno la Casa Bianca chiese ai Paesi occidentali di sospendere i prestiti multilaterali alla Cina e venne comunicato che gli Stati Uniti stavano chiedendo alle istituzioni finanziarie internazionali di prendere in considerazione la possibilità di rimandare nuovi prestiti. La Banca mondiale aveva già annunciato che avrebbe congelato i prestiti alla Cina e stava posponendo la delibera sulla richiesta di Pechino di altri due prestiti. L'Unione Europea e i singoli Paesi europei si unirono alla condanna e alle sanzioni. Il governo britannico cancellò una visita in Inghilterra del ministro della giusti­zia cinese e una visita in Cina del ministro dell'agricoltura britannico. Anche la Fran­cia e la Germania occidentale annunciarono il congelamento delle relazioni ad alto livello. Le sanzioni furono annunciate dal Belgio, dal Portogallo, dall'Austria, dalla Grecia, dall'Olanda, dalla Danimarca, dalla Finlandia, dalla Svezia e dalla Svizzera. L'ambasciatore giapponese in Cina consegnò una vibrata protesta per il ferimento di tre giapponesi quando le truppe cinesi aprirono il fuoco verso le residenze diplomatiche a Pechino. Le più grosse banche e imprese giapponesi richiamarono il personale. Le banche giapponesi annunciarono che avrebbero conge­lato due prestiti alla Cina e il governo ne bloccò un altro, molto impegnativo, sospendendo così praticamente qualsiasi aiuto finanziario a quel Paese. La condizione delle esportazioni cinesi in Giappone fu trasformata da generale a spe­ciale, una mossa che obbligava la Cina a fare domanda caso per caso per espor­tare in Giappone. L'Australia cancellò la prevista visita in Cina del suo primo ministro. La Nuova Zelanda annunciò che avrebbe cancellato il viaggio del suo ministro e avrebbe chiesto ai propri cittadini di non recarsi in Cina. Il governo brasiliano, che fino a quel momento aveva osservato una politica che prevedeva il non intervento nelle questioni interne degli altri Stati, ruppe le convenzioni per esprimere rammarico. Quanto al mondo comunista, l'Unione Sovietica espresse rincrescimento per l'uso della forza e parlò di speranza che la situazione volgesse rapidamente verso un miglioramento. Preoccupazione fu espressa dai governi di Polonia, Ungheria e Jugoslavia. Il ministro degli Esteri vietnamita sostenne che i rapporti occidentali secondo i quali Hanoi avrebbe appoggiato le azioni del governo cinese erano «pura invenzione». Le reazioni degli altri Paesi asiatici furono varie. La Corea del Sud espresse gravi preoccupazioni e sostenne che la situazione in peggioramento in Cina poteva avere effetti destabilizzanti sulla penisola coreana. Il presidente delle Filippine promise di garantire la sicurezza dei filippini residenti in Cina. Il primo ministro tailandese espresse il timore che se gli irriducibili avessero ottenuto ascendente in Cina, sarebbe diventato più difficile ridurre le tensioni in Cambogia. Il primo ministro malese disse che il suo governo non intendeva interferire negli affari interni cinesi, ma espresse rincrescimento per la morte di così tante per­sone. Il governo indonesiano annunciò solo che la discussione sulla normalizzazione delle relazioni tra Cina e Indonesia sarebbe continuata come da programma. Il governo di Singapore si rifiutò di commentare l'accaduto. A Hong Kong la gente formò lunghe code fuori delle filiali della Banca della Cina e il 5 giugno ritirò la cifra record di cinque miliardi di dollari di Hong Kong. A Macao i risparmiatori si spintonarono per ritirare dalle filiali della Banca della Cina 330 milioni di dollari di Hong Kong. A Taiwan, il presidente Lee Teng-hui protestò contro l'uso della forza del governo cinese e fece appello a tutti i popoli e alle nazioni che amavano la libertà e il rispetto dei diritti umani affinché denunciassero il governo della Repubblica popolare cinese. Il ministero della Difesa ordinò a tutti i funzionari e ai soldati di porre fine ai congedi e di rientrare alle basi e il governo annunciò che avrebbe fornito passaporti della Repubblica della Cina nazionale e sostegno finanziario a studenti e studiosi cinesi all'estero che volessero abbandonare i loro passaporti della Repubblica popolare cinese (Nathan e Link 2001, 481).

La risposta della Cina la troviamo come sempre nei Tienanmen papers: Li Peng: «Tutti i Paesi occidentali, con gli Stati Uniti in testa, rilasciano proclami a destra e a sinistra sulla necessità di applicare san­zioni contro la Cina e tagliarla fuori dal resto del mondo». Deng Xiaoping: «Quei Paesi si dilettano a proporre risoluzioni su risoluzioni per interferire nei nostri affari interni. Ma la loro interferenza non ci preoccupa; possiamo ignorarla oppure combatterla. Quei Paesi vogliono applicare delle sanzioni contro di noi? Molto bene, ma prima chiediamo loro se pensano di averne davvero il diritto. Se la risposta è sì, combatteremo contro le sanzioni. La nostra crescita economica potrà soffrirne, ma non più di tanto. Abbiamo sopportato le sanzioni internazionali per gran parte dei quarantanni di vita della Repubblica popolare. Quindi non dobbiamo preoccuparci troppo (Nathan e Link 2001, 481).

La dea della libertà è a pezzi. La
rivoluzione cinese e l'indipendenza
nazionale sono salvi
I Tienanmen papers continuano con le reazioni a sinistra: "Protestarono anche coloro che erano da sempre amici del governo cinese, come Han Suyin, e William Hinton, un esperto di agricoltura che aveva vissuto a lungo in Cina, chiese che il mondo smettesse di vendere cereali alla Repubblica Popolare. Anche in Italia vi furono richieste relative alle sanzioni economiche... Il segretario generale del Partito comunista italiano consegnò una lettera all'ambasciatore cinese nella quale sosteneva che non vi è posto per i massacri in un movimento comunista...Il segretario generale del Partito comuni­sta francese dichiarò la sua disapprovazione e garantì l'appoggio al popolo cinese"(Nathan e Link 2001, 481). Il Partito Comunista Italiano fece anche sit-in davanti all'Ambasciata Cinse e questo episodio fu uno degli elementi che portarono al cambio del nome del partito e alla svolta della Bolognina. Hinton e sulle pagine dell'Unità Enrica Collotti Pischel parlarono di regime fascista instaurato in Cina da Deng Xiaoping.

Ma Deng Xiaoping charì che l'intervento dell'Esercito disinnescò una possibile guerra civile fatale per la Cina: «Se non ci fossimo mostrati risoluti nel reprimere queste sommosse controrivoluzionarie, se non avessimo avuto il pugno di ferro, chissà che cosa sarebbe potuto accadere. Dobbiamo molto all'azione dell'EPL. Se i complotti degli organizzatori della sommossa avessero avuto successo, sarebbe scoppiata una guerra civile. Se ci fosse stata una guerra civile, naturalmente avremmo vinto noi, ma pensate al numero di vittime! Non avevamo altra scelta che punirli. Nel sedare i disordini, i soldati hanno fatto del loro meglio per non fare del male alla gente, soprattutto agli studenti. Hanno eseguito i nostri ordini alla lettera: hanno protetto gli interessi del Partito, dello Stato e del popolo. Era una prova molto impegnativa e l'esercito ha dimostrato di essere in grado di condurla egregiamente». Stralci da «Verbali della riunione del Comitato permanente del Politburo del PCC» 6 giugno (Nathan e Link 2001, 484).
Nella sua biografia di Deng, Ezra Vogel, professore all'Università di Harvard, ha scritto: "Quello che sappiamo è che nei due decenni dopo Tiananmen, la Cina goduto di una relativa stabilità e una rapida e anche spettacolare crescita economica .... Oggi centinaia di milioni di cinesi vivono una vita molto più confortevole di quello che vivevano nel 1989, e godono di un accesso di gran lunga maggiore alle informazioni e idee in tutto il mondo che in qualsiasi altro momento della storia cinese. Sia il livello di istruzione e la longevità hanno continuato a crescere rapidamente. Per questi e altri motivi, i cinesi sono orgogliosi dei successi della loro nazione in modo in gran lunga maggiore di quanto non lo fossero nel secolo precedente." (Vogel 2011)

George Black e Robin Munro concludono il loro saggio in cui parlano anche del mito del massacro di Tienanmen con queste parole: "A oriente, il sole stava sorgendo in un cielo rosso" (Black and Munro 1993, pp. 246-248.)

"A oriente il sole stava sorgendo in un cielo rosso". L'Oriente era ancora rosso. La prima rivoluzione colorata a stelle e strisce era ingloriosamente fallita.


L'oriente è rosso

Operazione Yellowbird

I principali attori della rivoluzione colorata made in China una volta fallita la loro missione non sono stati lasciati soli. Si è tentato in tutti i modi di salvarli per poi creare un ambiente favorevole ai dissidenti all'estero. Se seguiamo ciò che afferma l'ex agente della CIA Ralph McGehee su chi abbia sostenuto l'operazione Yellowbird non c'è più alcun dubbio:
L'Operazione Yellowbird è il nome dato alla operazione clandestina per il salvataggio dei più importanti leader pro-democrazia dalla Cina. Per sei mesi dopo la repressione di giugno, gli agenti della CIA più apprezzati in Cina, Hong Kong, e Macao hanno fornito un rifugio sicuro e mezzi di fuga. Wuer Kaixi e Li Lu, poi altri importanti dissidenti come Wan Runnan e Yan Jaiqi, scomparvero ad ovest. Durante la scorsa settimana nel mese di maggio, l'ambasciatore americano Lilley ha distribuito più di 200 visti a intellettuali, scienziati e studenti, e in diverse occasioni ha prestato denaro ai fuggitivi. In assenza di una credibile leadership della CIA in Cina, è stato ancora una volta Lilley il COS della CIA a Pechino. L'astrofisico cinese, Feng Lizhi, ha trovato nell'Ambasciata un rifugio sicuro (Perry 1992, pp. 247-8).
Newsweek sostiene che le squadre di soccorso hanno fatto incursioni in territorio cinese, mentre i servizi segreti americani e britannici sono stati coinvolti nella fughe. Tuttavia, l'ex ambasciatore degli Stati Uniti alla Cina, James Lilley, ha detto che gli americani sono stati coinvolti "quasi esclusivamente in operazioni legali" (è ovvio che non poteva dire altro). C'era la collaborazione delle ambasciate straniere per i richiedenti asilo. Uno studio accademico sul meccanismo dell'operazione ha rivelato che un leader della triade Yee Sun On aveva partecipato attivamente con la sua organizzazione, attivando vie clandestine di fuga e fornendo attrezzature: le sue cellule organizzate verticalmente erano in contatto diretto con gli obiettivi da soccorrere e direttamente responsabili per il successo di ogni missione. La CIA ha fornito materiale in forma di attrezzature sofisticate e di altri mezzi per la fuga, e anche armi.
Il presidente Bush ha ordinato una azione segreta che salvò i leader pro-democrazia in Cina. La CIA ha coordinato una rete clandestina che ha contrabbandato forse centinaia di persone a Hong Kong nell'operazione Yellow Bird che ha coinvolto l'uso di strumenti forniti dalla CIA quali travestimenti, dispositivi di decodifica dei messaggi visori notturni a infrarossi, segnalatori , motoscafi e armi per le operazioni off-shore. Per un periodo di sei mesi successivo alla repressione, una rete di decine dei più apprezzati agenti della CIA in Cina, Hong Kong e Macao ha fornito un rifugio sicuro e mezzi di fuga per la maggior parte i più importanti organizzatori. Bush ha approvato un programma che era già in corso. (Mark Perry, Eclipse: the last days of the CIA. Washington Times 9/17/92 a6 cit. in McGehee 1996)
L'uomo d'affari Chan Tat-ching viene considerato la mente dell'operazione. Secondo le memorie postume del politicante di Hong Kong Szeto Wah, Yellowbird è stato finanziata principalmente, almeno all'inizio, da uomini d'affari di Hong Kong e personaggi famosi che simpatizzavano con gli attivisti, ma con l'ampia assistenza dell governo coloniale. Szeto compromise l'operazione quando rivelò le vie di fuga al controspionaggio cinese probabilmente per liberare il fratello arrestato. Gli organizzatori hanno speso attorno ai 64.000 dollari per la fuga ogni attivista e farlo arrivare all'estero.
Negli ultimi 7 anni 500 dissidenti cinesi sono stati portati in salvo compreso anche Wuer Kaixi. L'operazione è un'alleanza di difensori dei diritti umani, diplomatici, uomini d'affari occidentali, contrabbandieri professionali, e re della malavita di Hong Kong. Più di 80 dissidenti del continente sono ancora bloccati a Hong Kong, in attesa di asilo da qualche parte. Alcuni sono lì da anni. L'Operazione Yellowbird è nata la notte del massacro di Pechino. Nel giro di 40 ore gli attivisti democratici si sono uniti per formare Yellowbird. Hanno raccolto i soldi della comunità imprenditoriale (probabilmente la CIA) e cospirato con boss della mafia e contrabbandieri. In almeno cinque occasioni squadre di soccorso sono state inviate in Cina per trovare e salvare i dissidenti e disponevano dei migliori dispositivi di decodifica dei messaggi, visori notturni a infrarossi, segnalatori, e usato abili truccatori per mascherare i fuggitivi (McGehee 1996). Wuer Kaixi è fuggito dalla Cina in una operazione ideata e finanziata dalla mafia cinese in motoscafo a Hong Kong, dove gli è stato dato ha un visto, un passaporto e un biglietto aereo per Parigi. Il gruppo ha avuto contatti con le guardie di frontiera, polizia locale e operatori radar. Shen Tong, uno dei "21 controrivoluzionari più ricercati" si è semplicemente imbarcato sull'aereo all'aeroporto di Pechino, con l'aiuto dei funzionari doganali e dell'immigrazione lautamente corrotti. (Fonte: Newsweek cit. in McGehee 1996)
Una volta arrivati all'estero per i dissidenti comunque arrivati in Occidente si sono aperte le porte delle migliori università. Wuer riparò in Francia con il funzionamento Yellowbird e poi ha fatto la sua strada verso gli Stati Uniti. Ha studiato ad Harvard e poi ha vissuto in California, con la moglie di Taiwan, Chen Huiling, gestendo il ristorante Ranch House vicino al San Francisco International Airport. A quel tempo, disse al giornalista Orville Schell che aveva due ambizioni: "Fare qualcosa di veramente significativo politicamente o ... diventare un miliardario". Egli aveva in programma di di coordinate le proteste a Hong Kong contro il governo cinese.
I pacifici dimostranti a favore della civiltà amerikana
Li Lu che era un organizzatore chiave a Piazza Tienanmen ha una laurea in legge e l'MBA alla Columbia e ha ottenuto un lavoro a capo di un hedge fund, diventando l'erede del miliardario Buffet. Liu Gang, un leader studentesco imprigionato e numero tre tra le persone nella lista dei ricercati di Pechino, ha ottenuto una laurea in informatica presso la Columbia dopo essere stato rilasciato dalla prigione nel 1994.

La solerzia della CIA, del governo coloniale e di Taiwan non deve stupire. Del resto proprio nella “Carta 08” dell'eminenza grigia del movimento Liu Xioabo, si dice che la vittoria sui giapponesi “aveva offerto un ulteriore chance alla Cina per muoversi verso un governo moderno, ma la sconfitta dei nazionalisti” (di Chiang Kaishek) ” da parte dei comunisti portò la nazione in un abisso di totalitarismo“. A questo punto non si può certo pensare che questi fossero dei "maoisti". L'ispirazione a Charta 77 di Havel e da un'altra parte a Solidarnos di Walesa dei "lavoratori" del Sindacato Autonomo non prometteva niente bene. I capitalisti stranieri (At&T con servizio di fax gratuiti ecc.) e nazionali (Stone Company), mafia e CIA hanno aiutato volentieri i "rivoluzionari". Coloro che aspiravano ad una radicale privatizzazione come dirigenti di aziende di stato in primo luogo la Kanghua Company e la Sitong Company, fornirono camion altri mezzi proprio ai "lavoratori", altri come Yue Wu direttore d'azienda, furono coinvolti nientemeno che nell'organizzazione dei lavoratori stessi. Evidentemente non avevano grandi timori da questi rivoluzionari.

Naturalmente arrivarono abbondanti fondi agli studenti ma nessuno al Capitalist roader Deng Xiaoping la cui vittoria costò dure sanzioni economiche al paese. Se Wuer Kaixi, voleva il diritto di indossare le Nike un altro leader degli studenti, Wang Dang, in un intervista del 4 giugno 1993 al Washington Post dichiarò che “la ricerca della ricchezza è parte integrante della spinta verso la democrazia”. Non sembrava propriamente un membro della sinistra alternativa sebbene anche lui abbia finito con il partecipare ai dibattiti della New Left Review. Non sembra frutto del caso che per fuggire si siano fatti aiutare dalla CIA ed abbiano chiesto asilo non ai sandinisti del Nicaragua ma a papà Bush (Natura Capitalistica 2009)

Certo cantavano (anche) l'Internazionale, l'unica canzone che conoscevano collettivamente come l'Inno Nazionale Cinese, ma potevano innalzare un monumento alle vittime dell'imperialismo e invece lo innalzarono alla statua della libertà.

Dopo Tienanmen tra i dissidenti riparati in USA c'è stata una epidemia di cristiani rinati. Zhang Boli ha addirittura fondato una chiesa. Wu'er Kaixi, che vive a Taiwan con la moglie taiwanese dove è deputato del Kuomintang è uiguro e mussulmano in origene ma è stato battezzato proprio da Zhang Boli nel 2002. Anche Han Dongfang, fondatore Federazione Autonoma dei Lavoratori di Pechino è diventato cristiano per ingraziarsi i suoi premurosi benefattori yankees.

Tra i dissidenti convertiti al cristianesimo c'è Xizhe Wang, che ha ottenuto asilo negli Stati Uniti. E' stato battezzato in California nel 2000. Altri dissidenti di spicco che sono diventati cristiani, dopo aver ottenuto esilio negli Stati Uniti, sono Wang Bingzhang e Yang Jianli, entrambi sono stati arrestati dalla polizia cinese nel 2002. Wang si era introdotto illegalmente in Vietnam e Yang in Cina con documenti falsi. Si trattava probabilmente di azioni di spionaggio. Secondo la tesi d R. H. Tawney la diffusione del cristianesimo contribuirà a restaurare il capitalismo in Cina.

I giovani e spesso i giovanissimi oggi sono più sensibili
al patriottismo e alle tradizioni socialiste che al fascino
dell'Occidente
Di Chai Ling abbiamo detto della sua opposizione all'uscita del film della Hinton di cui una giornalista scrive : "Ma il problema non è che Chai stia reagendo. E' come sta reagendo. Sta usando il sistema giudiziario per attaccare le libertà stesse per cui i suoi compagni hanno dato la vita." (Abraham 2009). Ma poi Chai Ling avrebbe "perdonato" (in una causa che non avrebbe mai vinto) la Hinton da quando è rinata cristiana. Naturalmente si è subito data da fare per promuovere una organizzazione iper-reazionaria che si oppone all'aborto e al controllo della nascite la Jenzabar Foundation, All Girls Allowed che si pone tra l'altro il compito di "aprire la porta al sogno americano" (in Cina naturalmente) sebbene si ispiri anche a Taiwan. Chai è moglie del nuovo capo repubblicano del Massachusetts Robert A. Maginn Jr. Alla fine Chai, a cui la vocazione fanatica non è mai mancata, ha licenziato per non essere sufficientemente religiosa e per rifiutare di impegnarsi in un "settimanale culto comunitario" una sua socia: Jing Zhang. Questa è una dissidente cinese che si è fatta cinque anni di galera in Cina. Una volta in USA si è creata la sua organizzazione per i diritti umani la Women’s Rights in China, cercando di unire le forze con Chai Ling. La povera Jing ha capito solo dopo con chi aveva a che fare.(Ebbert 2012)

Bibliografia

Abraham, Yvonne 2009. Beijing lesson unlearned. Boston Globe. 7 Giugno 2009.
Aikman, David 2005. Jesus in Beijing.
Ebbert, Stephanie 2012. Chinese rights activist sued for bias. The Boston Globe. 1 Luglio 2012.
Engdahl, William 2014. Piazza Tienanmen, 4 giugno 1989: Cosa successe davvero? Comedonchisciotte, 6 Giugno 2014.
Miles, James A. R. 1997. The Legacy of Tiananmen: China in Disarray, University of Michigan Press, 1997 - 379 pagine
McGehee, Ralph 1996. Operations in China—Another CIA Domestic Op?-[April 1996]. http://spot.acorn.net/jfkplace/03/RM/China.html> n.d.
Natura Capitalistica 2009. La Natura Capitalistica dei Leader di Tianamen nel 1989, La Cina rossa, 27 maggio 2009.
Osnos, Evan 2009. American Dream: the Lawsuit. 7, Maggio, 2009.
Perry, Mark 1992. Eclipse: The Last Days of the CIA. Diane Pub Co.
Rodvik, Robert S. 2013. The USA’s decades long war against China. Part II. 13 gennaio 2013 
Vogel Ezra F. 2011. Xiaoping and the Transformation of China.The Belknap Press.


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Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.