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Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

giovedì 12 aprile 2012

7.1: Premessa metodologica

7. Socialismo vs. turbo-capitalismo


La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teoretica, ma pratica. È nella prassi che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non - realtà di un pensiero isolato dalla prassi è una questione puramente scolastica.
Karl Marx (Tesi su Feuerbach).

Maestro Si Fu, dicci i problemi fondamentali della filosofia.
Si Fu: Le cose esistono al di fuori di noi, per se stesse, anche senza di noi, oppure le cose esistono in noi, per noi, non senza di noi.
Maestro Qual è l’opinione giusta?
Si Fu: Non è stato deciso.
Maestro Verso quale opinione tendeva ultimamente la maggioranza dei filosofi?
Si Fu: Le cose esistono al di fuori di noi, per se stesse, anche senza di noi.
Maestro Perché la questione è rimasta insoluta?
Si Fu: Il congresso che doveva risolverla si tenne circa duecento anni fa nel monastero di Mi Sang, sulle rive del Fiume Giallo. L’interrogativo era: il Fiume Giallo è reale, oppure esiste solo nella nostra mente? Ma durante il congresso la neve si sciolse sui monti, e il Fiume Giallo traboccò e spazzò via nella sua inondazione il monastero di Mi Sang con tutti i congressisti. Così non è stata data la dimostrazione che le cose esistono al di fuori di noi, per se stesse e anche senza di noi
Bertold Brecht.

Prima di considerare la questione se la Cina sia capitalista o socialista occorre porre una premessa metodologica o epistemologica che dir si voglia. Il marxismo ambirebbe ad essere scientifico dunque implica quegli elementi empirici e pragmatici (in senso lato) che sono tipici delle metodologie scientifiche [1].  Stalin metterà il pragmatismo degli americani come una delle qualità che deve avere il bolscevico. La sinistra occidentale assomiglia da questo punto di vista ai filosofi travolti dal Fiume Giallo e che, proprio per questo, non sono riusciti a stabilire se esista una realtà esterna. 
Adottando la pratica come solo criterio della verità, il marxismo cinese diventa un soggetto su cui si può riflettere per svilupparlo e rinnovarlo. In questo modo si è aperta la strada ad ogni possibile contributo al marxismo e all’apertura economica. I comunisti cinesi hanno praticato a più riprese la “liberazione del pensiero” il che implica l’emancipazione da tutti i tabù dogmatici che si sono incrostati nel marxismo. Questo è avvenuto in base alla massima di Mao secondo cui la prassi è il criterio della verità ovvero “cercare la verità nei fatti”. La qual cosa rappresenta un salutare bagno nell’empirismo dopo stagioni passate nel dogmatismo talmudico in cui era venerato qualunque cosa dicesse Mao, tempo in cui, come dicono i cinesi, uno pensava per tutti. Mettere una pietra dopo l’altra per attraversare il periglioso fiume è anche un’immagine che ricorre sovente nelle espressioni dei comunisti cinesi che corrisponde efficacemente del criterio epistemologico adottato in Cina. L'apertura verso l'esterno ha inoltre permesso al marxismo cinese di diventare una teoria competitiva che consente di confrontarsi alla pari con altre teorie come quelle neo-liberali. 
Occorre ricordare che per il marxismo è la pratica sociale che è fonte delle nostre sensazioni e la base anche delle nostre elaborazioni. La pratica sociale, collettiva e non meramente soggettiva ci permette anche di valutare storicamente, di fare un bilancio storico di un’esperienza ormai secolare di edificazione del socialismo. Il marxismo vivente si evolve continuamente in rapporto alla situazione concreta che abbiamo davanti e con il bilancio dell'esperienza accumulata che abbiamo alle spalle. Dunque siccome i cinesi cercano fatti è difficile spacciare come fatti quelli combinati dalla sinistra occidentale, soprattutto in Italia, negli ultimi anni. Forse misfatti sarebbe la parola giusta.

Occorre inoltre tenere presente che l’orizzonte da cui partono i comunisti cinesi non è uno stravagante socialismo new-age in cui c’è dentro di tutto: il Dalai Lama e le canne, gli UFO e la decrescita[2], il socialismo pauperistico e via dicendo. Quest'orizzonte non è nemmeno il cinematografico “poveri ma belli” e neanche la democrazia in formato extra-large. Analogamente a quanto dice Zisek sul Tibet si può certamente affermare che le vedove inconsolabili della Rivoluzione Culturale e del “socialismo perduto” sono vittime del “sogno degli altri” che vorrebbe i cinesi poveri e rivoluzionari così da permettere a rivoluzionari edonisti e ben pasciuti che vivono in Occidente di essere consumisti quanto inconcludenti senza per altro sentirsi in colpa. I cinesi devono essere rivoluzionari al posto nostro. Questo modo di pensare ha dato origine ad una sorta di comunismo consumistico per cui non contano più i 400 milioni di persone strappate dalla Cina alla povertà, le fasi intermedie non sono più tenute in considerazione ma di colpo si dovrebbe passare al migliore dei mondi (im)possibili. La frenesia della vita moderna porta il comunismo ad essere una sorta di fiction. Come dire Communism Will Be Televised (Il comunismo sarà teletrasmesso), magari anche con qualche interruzione pubblicitaria (Richard Gere in Tibet sulla Lancia?). Insomma per il nuovo comunista occidentale non varrebbe la pena combattere per una società ancora imperfetta ma si dovrebbe esigere subito una sorta di società nientemeno che perfetta [3]. Come ci dice un proverbio latino Spe meliori amittitur bonum, il meglio è nemico del bene. E la ricerca della perfezione porta poi alla assoluta passività, come da copione. In questa versione il comunismo non è che un'altra merce da acquistare al discount della spiritualità.

Andrea Catone fa rilevare come sia diffusa nella sinistra l'opinione, di origine strutturalista, secondo cui il cambiamento avviene per sostituzione repentina di una società con un'altra mentre nel marxismo questo debba avvenire con un passaggio necessariamente lento in cui una fase prepara le basi materiali per quella successiva (Catone 2001).

Questa posizione è spesso associata ad un'altra altrettanto pericolosa che porta a pensare che il capitalismo possa crollare “motu proprio”. In realtà questo modo di pensare ha impedito uno studio concreto di ciò che si stava verificando nei paesi capitalisti e delle sfide che ciò comporta per il socialismo, mentre nel “Manifesto” Marx e Engels sottolineavano come la borghesia non possa vivere senza rivoluzionare di continuo i mezzi di produzione e con essi tutta la società. Il capitalismo ha dimostrato di potere superare le crisi ricorrenti ristrutturandosi e di sapere ancora creare ricchezza. Per questo, come vedremo il capitalismo, non è da buttare bensì marxianamente da superare.

Il socialismo secondo l’esperienza cinese non è nemmeno l’operaismo (che fu la versione italiana del trotzkismo), il bordighismo, il consigliarismo, il trotzkismo e ogni sorta di sogno infranto compreso il marxismo critico occidentale. Occorre dire che il background del marxismo sessantottino in cui si sono formati i militanti ha portato ad esaltare ogni movimento minoritario ed eterodosso. Tutta la storia del socialismo viene spiegata con il tradimento della “burocrazia”. La conseguenza inevitabile è che tutti i movimenti di massa sono i ben venuti, tutti coloro che lottano contro i “burocrati staliniani” (Ungheria ’56, Solidarnosc, Tienanmen, Eltsin compreso) sono dei veri rivoluzionari ecc. Tutto questo mentre i dati su trotzkisti, bordighisti e comunisti new age che abbiano, non dico guidato una rivoluzione, ma nemmeno uno sciopero di studenti delle scuole medie non sono ancora pervenuti. Ora mentre costoro non solo non hanno mai costruito il socialismo mondiale ma nemmeno il socialismo in un solo quartiere, i comunisti senza nessuna aggettivazione hanno dominato in una terza parte del mondo e tuttora sono il partito di riferimento di quasi un quarto dell’umanità. Ebbene i comunisti del fare, a differenza dei rivoluzionari chiusi nei loro bureau, fanno. Molto hanno fatto e molto stanno facendo. Hanno imparato dai loro errori, hanno soprattutto un'esperienza storica con cui confrontarsi. Chiameremo "marxismo burocratico" quello accademico che si risolve di solito nella pura teorizzazione dottrinaria, nella scolastica e nelle microscopiche riunioni di stampo carbonaro tra iniziati, contrapposto al "marxismo vivente" che fa i conti con l'esperienza storica del movimento comunista e progressista internazionale. Il marxismo vivente, in particolar modo quello cinese, è una scienza sperimentale fondata sull'innovazione. Il marxismo burocratico è una teoria sincretica "controculturale" fondata su basi teologiche.
Iginio Polo su Rebelion ha toccato il tasto dolente dell’unanimismo destra-sinistra nella condanna della Cina:
Alcuni osservatori (è curioso) tanto di destra come di sinistra, ritengono che quella realtà si spiega perché la Cina ha adottato il capitalismo. Settori della sinistra occidentale arrivano a parlare della “classe capitalista-burocratica” che, secondo loro si è impadronita del paese. È vero che l’egualitarismo dei tempi di Mao è sparito,… tuttavia, si sbagliano entrambi, come si sbagliò Mao Tse Tung quando dopo la sua rottura con Mosca, denunciò che nell’Unione Sovietica si era stabilito di nuovo il capitalismo: il furto e le privatizzazioni che stabilirono il capitalismo dei banditi Eltsin e Putin, quarant’anni dopo smentirono quell’affermazione di Mao (Polo 2006).
Quella similitudine nelle analisi liberali e di sinistra, si spiega per via di una conoscenza parziale della realtà cinese e per la persistenza di luoghi comuni e dogmi prestabiliti.

Continua poi Polo che alla sinistra sia stata disorientata dal passaggio dal libretto rosso al più feroce capitalismo con tanto di apertura agli investimenti stranieri e all’arricchimento privato passando dalle borse valori mentre altri ricordano il precedente leninista della NEP.  “In realtà, se seguiamo le spiegazioni del Partito Comunista Cinese, quelle iniziative portate dalla riforma possono piacere o no, ma sono una conseguenza di un programma di sviluppo nazionale che non poteva smettere di crescere nel paese più popoloso del mondo. I dirigenti cinesi insistono col dire che l’investimento estero e l’esistenza di un spazio economico in mani private, straniere, sono imprescindibili per migliorare tecnologia e sistemi di lavoro, e per superare la povertà, e ricordano che il settore pubblico continua a controllare la struttura economica del paese. Non sono state privatizzate né imprese pubbliche di settori strategici, né quelle che continuano ad essere redditizie, ed il settore pubblico continua ad essere maggioritario nell’economia cinese (Polo 2006)”.
Liberazione, organo del PRC, dopo aver denunciato i cinesi perché ostinatamente vogliono presentare il lato migliore di sé, arriva a parlare di “contadini più poveri oggi che venti anni fa" (mazz. 2007)[4]. Sorvoliamo sull’ultima stupidaggine ma non si vede la grande colpa nel presentare il lato migliore di sé. Forse se avesse imparato dai cinesi, la sinistra nostrana sarebbe ancora in Parlamento.

Per il viaggio di Bertinotti in Cina, Riccardo Barenghi scrive: “Sarà un doppio strappo con la Cina, anzi triplo. Uno col suo «cosiddetto comunismo», l'altro col suo capitalismo «espanso», il terzo sui diritti umani che non ci sono […] I dirigenti di Rifondazione ti dicono che la Cina è riuscita nell'impresa di mettere insieme il peggio dei due regimi, quello comunista e quello capitalista (Barenghi 2005)“. Naturalmente poi si attacca con il mantra dei diritti umani formato export come dei qualsiasi commessi viaggiatori dell’ American Way of Life. Come dire “A Berty, faje paura!!!”. Beh, visto però i risultati delle passate elezioni in Italia… forse la modestia sarebbe stata più conveniente.

Il principale difetto della sinistra radicale occidentale è il suo eurocentrismo sommato ad una sorta di imperialismo intellettuale (Graziosi 2007). Scrive Graziosi “L’atteggiamento dei “marxisti” nostrani si basa sulla supponenza di chi ha solamente da insegnare e nulla da apprendere, evidenziando da subito un grande – e per certi versi clamoroso - paradosso: in questi ultimi anni nessuno ha fatto parlare direttamente i comunisti cinesi della loro esperienza, delle grandi contraddizioni come delle grandi potenzialità che essa ha determinato, dello stato di un partito che oggi conta 73 milioni di iscritti e 3.500 organizzazioni di base in uno sterminato paese, di come vivono i giovani nelle città e nelle campagne, delle loro speranze e aspettative, delle condizioni di lavoro e di vita in un paese che tra qualche anno faticherà a riconoscere sé stesso” (Graziosi 2007). In effetti, la conoscenza della Cina tra la sinistra occidentale è spesso calata su una serie di mitologie che non resistono ad una più attenta indagine. Graziosi suggerisce che l’esperienza cinese potrebbe essere interessante per chi voglia approfondire gli aspetti della transizione al socialismo. Il problema è che questo aspetto è passato completamente d’attualità nella sinistra occidentale. Si compara un socialismo realmente esistente con un socialismo o comunismo solamente pensato. Spesso anche quando si parla di economia pianificata o di democrazia socialista si fa riferimento a dei elementi astratti e non all’esperienza storica accumulata dai comunisti (Jabbour 2008b).

Una delle forme di negazione dell’esperienza storica del comunismo sono i vari ritorni a Marx, Rosa Luxemburg ecc. Marx e Engels non sono stati molto espliciti sul socialismo, si rifiutavano di scrivere ricette per la cucine dell’avvenire, sottolineando che non si potesse parlare di un evento futuro se non in linee molto generali. Il ritorno a Lenin è già più problematico giacché la Russia che Lenin lascia non assomiglia affatto allo stato socialista e collettivista agognato. Molto facile è invece dire che URSS e Cina hanno subito un'involuzione verso il capitalismo associando tutto alla categoria molto infantile di “tradimento”. Spesso quando si parla di socialismo in Occidente si pensa, anche se non viene detto, esplicitamente al socialismo staliniano. Il “modello sovietico” si è trasformato in un paradigma spesso inconsapevolmente come il “naturalismo” per i liberali (Umpiérrez Sánchez 2005)[5]. In realtà come ben sapevano i comunisti italiani delle “vie nazionali al socialismo” il socialismo non si può declinare indipendentemente da una analisi concreta della formazione sociale [6]. Per la verità si va oltre il “modello stalinista” e si pensa che il socialismo passi attraverso la nazionalizzazione di ogni cosa, per un egualitarismo quasi assoluto e naturalmente privo del demone del mercato, che comunque ha poco o nulla a che vedere con quanto detto né da Stalin, né tanto meno da Lenin o da Marx. Ma costoro ritengono poi l’URSS non fosse socialista perché affetta da burocratismo, un concetto che spiegando quasi tutto finisce per non spiegare nulla ed è del tutto inefficace nel capire la realtà; inoltre si dice che l'URSS non era una “democrazia socialista”, un altro concetto del tutto indeterminato. Vedremo quali furono le cause reali della caduta dell'URSS e quali lezioni trassero i cinesi.
In un bell'articolo per "l'Unità" Loretta Napoleoni scrive: "Sommersi dalle macerie sovietiche i partiti socialisti non hanno più un punto di riferimento reale. Nessuno osa guardare alle riforme di Den Xiaoping e al modello cinese infinitamente più flessibile rispetto a quello sovietico ed anche a quello nostrano come un esempio di marxismo che si adatta alla globalizzazione prendendo in prestito dall’economia di mercato ciò che serve per mantenere in vita il socialismo [...] Il socialismo in Europa sarà anche morto ma l’ideologia vive. Se vogliamo vedere la sua versione moderna possiamo andarla a cercare in Cina dove ancora sorge il sol dell’avvenir." (Napoleoni 2009). Ma la sinistra europea, sostiene la Napoleoni, è morta a Tienanmen!!!



[1] Anche coloro che negano che esita un "metodo" nelle scienze (ad es. Feyerabend vs. Popper) negano in realtà l'esistenza di un metodo unico che contrasta con diverse pluralistiche strategie per arrivare alla conoscenza che sono proprie della prassi scientifica.
[2] Il problema del socialismo come povertà si è ripresentato con la teoria della decrescita felice. Con esso probabilmente si ripresenterà anche il problema della rivoluzione violenta e della dittatura rivoluzionaria questa volta però contro la classe operaia che sarà verosimilmente quella che vi si opporrà con maggior forza.
[3] E' il comunista viziato abituato a chiedere "tutto e subito" o come recitava uno slogan del sessantotto  a chiedere l'impossibile omologato dagli spot televisivi dove tutto è ovattato e privo di contraddizioni che ormai pensa al comunismo come alla famosa pubblicità del  Mulino Bianco, una società ottenibile on command. Questa in realtà non è utopia ma consumismo.
[4] Si veda il contrasto con questa affermazione di un critico di sinistra della Cina: “La maggior parte delle persone, non solo la classe in ascesa dei milionari, hanno guadagnato sostanzialmente in ragione del notevole aumento della Cina in termini di PIL." (Tucker 2007)
[5] Anche sul “naturalismo” dei liberali ci sarebbe da ridire dato che Adam Smith non riteneva il capitalismo riflettesse la “naturale” evoluzione dell'economia.
[6] Oggi Rolf Berthold ultimo ambasciatore della DDR in Cina sostiene in base all’esperienza storica : “Le esperienze acquisite nello sviluppo della Cina, ma anche in altri paesi socialisti, che ora appartengono di nuovo al sistema capitalista, hanno dimostrato che non era bene che tutta l'economia fosse nelle mani dello stato nella prima fase dello sviluppo socialista. Non è favorevole per la via socialista (Cannaerts 2004).


Bibliografia



Barenghi, Riccardo. 2005. “La Cina mai così Lontana dal Prc. Bertinotti pronto al triplo strappo.” La Stampa. http://forum.radicali.it/content/la-cina-e-vicina?page=72.
Cannaerts, Annemie. 2004. “Nella Fase Iniziale Del Socialismo”. Resistnze. http://www.resistenze.org/sito/te/po/ci/poci4a19.htm.
Catone, Andrea. 2001. “Il Problema Della Transizione in URSS.” Atti Del Convegno “Quali Sono Le Prospettive Del Comunismo Nell’epoca Della Globalizzazione” (March 3). http://www.webalice.it/zinelli1/prelevamenti/interventi_singoli_pdf/II_socialismo_reale/Catone_transizione_in_URSS.pdf.
Graziosi, Marcello. 2007. “Le Vie Inesplorate Del ‘socialismo Con Caratteristiche Cinesi’. La Cina e Il 17° Congresso Del Partito Comunista.” http://nuke.ossin.org/Default729d.html?tabid=672.
Jabbour, Elias. 2008. “A Defesa Da Humanidade No Modelo Da China.” Avante! http://daliedaqui.blogspot.com/2008/02/defesa-da-humanidade-no-modelo-da-china.html.
mazz., mar. 2007. Il Maquillage Olimpico, Inizia Dalla Repressione.
Polo, Higinio. 2006. “Appunti Sulla Cina.” Resistenze, Apparso Originariamente in Rebellion. http://www.resistenze.org/sito/te/po/ci/poci6a14.html.
Tucker, Noah. 2007. “How China Rises.” http://21stcenturysocialism.com/article/how_china_rises_01546.html.
Umpiérrez Sánchez, Francisco. 2005. “La Idealización De La Planificación Económica.” Rebelión. http://www.rebelion.org/.
Yechury, Sitaram. 2002. “A Review of the Historical Experiences of World Socialism i in the 21st Century.” The 20th Century. Some Thoughts, at the International Symposium on World Socialism. http://cpim.org/content/historical-experiences-world-socialism.

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Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.