Benvenuti

Non indignari, non admirari, sed intelligeri

Spinoza


Il blog si legge come un testo compiuto sulla Cina. Insomma un libro. Il libro dunque tratterà del "pericolo giallo". Un "giallo" in cui l'assassino non è il maggiordomo ma il liberale. Peggio il maggiordomo liberale. Più precisamente il maggiordomo liberale che è in voi. Uccidetelo!!!Alla fine il vero assassino (a fin di bene) sarete voi. Questo sarà l'unico giallo in cui l'assassino è il lettore. A meno che non abbiate un alibi...ça va sans dire.

mercoledì 16 gennaio 2013

7.7: La mano invisibile dello stato


7. Socialismo vs. turbo-capitalismo
L'Economist riscopre Lenin come ispiratore degli interventi nell'economia degli stati colpiti dalla crisi. 
Duro risveglio dopo anni di teorizzazione dello stato minimo.

Se Vladimir Lenin si fosse reincarnato nel 21° secolo a Pechino e fosse riuscito a distogliere lo sguardo dagli scintillanti grattacieli della città e dal consumismo vistoso, egli avrebbe immediatamente riconosciuto nel ruolo del Partito comunista Cinese, una replica del sistema che aveva progettato quasi un secolo fa per i vincitori della rivoluzione bolscevica. Basta guardare la struttura del partito per vedere come il sistema politico cinese rimanga comunista e leninista.
Richard McGregor (Foreign Policy)

Ironia della sorte, mentre gli economisti in Europa e negli Stati Uniti si battono per "meno governo" e "mercati aperti" come risposta alla globalizzazione e alla sfida cinese, il partito marxista-leninista che governa la Cina si avvale sfacciatamente di tutti i vantaggi del capitalismo, mentre con fermezza rifiuta di rinunciare al controllo statale sull'economia.
(Lorenz e Wagner 2007).

Il settore statale in Cina è diviso in tre parti: Imprese statali (SOE) gestite dalla State-owned Assets and Supervision Administration Commission (SASAC) sotto il Consiglio di Stato, Aziende di Stato gestite dalle SASAC locali e sotto livelli inferiori di governo, Aziende di Stato controllato da altre aziende di Stato ed imprese che sono possedute e controllate tramite delle sussidiarie delle SOE. La SASAC nazionale è stata costituita nel 1999 con il compito di vigilare sulle attuali 121 imprese centrali di proprietà pubblica (CSOEs). Negli anni 1990 dalle società di gestione del risparmio (SGR) sono state formate quattro banche commerciali statali al fine di evitare perdite per i crediti inesigibili. L'Asset Management Companies (AMCs) fu formata allora affinché le aziende di Stato fossero più reattive sul mercato.

La figura sotto mostra il grado della concentrazione del capitale nelle mani delle più grandi 150 società. Secondo il censimento economico nel 2008, ci sono stati 4.950.000 imprese registrate in Cina con un totale attivo di 207.800 miliardi di yuan (comprese quelle nazionali, gli investitori di Hong Kong, Macao o Taiwan (HKMTI), e straniere). Il patrimonio delle più grandi 117 aziende statali entro le prime 150 imprese è pari al 41,2 per cento del patrimonio totale delle aziende Cinesi.

Il grafico in alto mostra le attività delle maggiori 150 aziende (in termini di fatturato). Qui con 'CSOEs' ci si riferisce alle imprese di proprietà dello stato centrale , 'Stato' è riferito alle imprese statali di proprietà di istituzioni governative locali o statali; 'poco chiara' si riferiscono alle imprese in cui non si è in grado di accertare lo stato predominante di proprietà; 'Private' sono delle imprese che sono prevalentemente di proprietà privata. I dati sono del 2010 pubblicati da China.org.cn e dalla All China Federation of Industry and Commerce. Le attività complessive di queste 150 aziende costituiscono l'84 per cento di quelle delle maggiori 500 aziende.

Nel 2006, il governo cinese ha pubblicato un elenco di settori "strategici" ritenuti vitali per la sicurezza nazionale ed economico e che devono rimanere sempre nelle mani dello Stato. Essi sono la difesa, la generazione e distribuzione di energia, petrolio e petrolchimica, telecomunicazioni, carbone, aerei e aziende marittime (cantieri ecc.). Nel 2007, la lista è stata estesa fino a comprendere cantieristica, lavorazione dei metalli e delle costruzioni. Cinquanta imprese non finanziarie sono considerate strategiche e agiscono come commanding heights del settore statale. I governi provinciali utilizzano gli stessi termini di riferimento dello stato centrale per definire le imprese che devono rimanere nelle mani dello Stato [1].

Lo Stato manterrà inoltre un controllo significativo o assoluto su quei settori definiti come 'pilastri' o 'di base'. Si tratta di macchinari, automotive, IT informatica, costruzioni, acciaio, metalli di base, prodotti chimici, il catasto (landsurveying), e R & S. In altri settori ha una partecipazione significativa e di controllo come nel commercio, negli investimenti, nella medicina, nei materiali da costruzione, nell'agricoltura, e nell'esplorazione geologica. Inoltre il governo sta aumentando la sua partecipazione azionaria in quei settori che genricamente considera 'chiave' e 'fondamentali'.

Anche gli stranieri possono intervenire nelle aziende di stato attraverso acquisizioni e fusioni però spesso il Ministero del Commercio (MOFCOM) interviene in modo pesante per bloccarne l'attuazione se contrastano con gli interessi dello stato anche se c'è il placet delle autorità locali.

L'economista ungherese Janos Kornai come d'altra parte Friedman considera che l'elemento determinante non sia tanto il mercato quanto la presenza dei privati come liberi attori. Dunque le riforme proposte da vari socialisti mercato in Ungheria, Polonia e Cina dell'acquisizione delle azioni di aziende pubbliche da parte di vari enti pubblici che gli avrebbe conferito flessibilità sarebbero, secondo l'economista ungherese, destinate al fallimento perché avrebbero continuato nella prassi "comunista".

Il piano di ”Aggiustamento Strategico e la Riorganizzazione dell’Economia di Proprietà Statale” iniziato nel 1999 e terminato nel 2010 con l’eliminazione delle aziende ridondanti, la trasformazione in Società per Azioni ecc, si è posto come obbiettivo il controllo dello stato sui gangli vitali dell’economia. Quando agli inizi degli anni '90 si sono formati i primi mercati finanziari si è assistito da un fatto curioso: c'è stato un declino rapido della proprietà dello stato parallelamente all'aumento della proprietà istituzionale dello stato. La trasformazione delle imprese statali in società per azioni inizia per la verità già nel 1993 e nel 2003 sono già 1377. La privatizzazione di piccole aziende, le fusioni ma anche la cessione delle aziende ai dipendenti (vedi Huawei e Haier) ha portato le aziende da 250.000 a 127.000 nel giro di dieci anni anni dal 1995 al 2005. Secondo un recente studio è "ingenuo vedere che lo stato abbia semplicemente receduto della proprietà del settore statale. Praticamente tutte i dati che gli studiosi e la stampa popolare hanno raccolto come prova del ruolo declino dello Stato, riguardano la diminuzione delle quote statali ma ignorano l'aumento di azioni istituzionali". (Wang et al, 2011 cit. in Khoo 2012). Lo stato è il maggiore azionista del 70% delle imprese non finanziarie quotate in borsa.

Sembrerebbe che le Società per Azioni non c'entrino nulla con il socialismo, ma non è così almeno per Marx. Dal punto di vista della proprietà è fondamentale distinguere tra la forma mercantile della ricchezza e quella di capitale. La forma mercantile stabilisce il diritto di proprietà sul proprio lavoro mentre nella forma di capitale regola la proprietà sul lavoro altrui.

Fondata nel 1999, PetroChina tra le maggiori aziende cinesi
Le azioni sono una forma mercantile creata dal capitalismo e possono rappresentare una forma economica di transizione dal capitalismo al socialismo. la società per azioni può trasformarsi in una forma economica del socialismo con il semplice metodo di porre un tetto massimo alla quantità di azioni che possano essere possedute personalmente (Umpiérrez Sánchez 2006). Scrive Marx nel Capitale: “Le società capitaliste per azioni devono essere considerate, al pari delle fabbriche cooperative, come forme di transizione dal modo capitalista di produzione a quello associato" (Umpiérrez Sánchez 2006). Se Marx sosteneva questo per le aziende capitaliste questo vale ancora di più per quelle in cui le azioni sono detenute principalmente dallo stato.

Generalmente quando si parla della trasformazione delle aziende società per azioni di aziende pubbliche, viene in mente il miglioramento di un management attraverso un cambiamento della struttura di proprietà. In aggiunta alla riorganizzazione delle aziende pubbliche che stavano funzionando in rosso nelle entità pubblicamente commerciali, il governo gradualmente cede le sue proprietà sul mercato. Il presupposto è che la bontà di queste riforme sia il miglioramento nell’efficienza del management derivato dalla privatizzazione delle aziende pubbliche. Gli studi generali sull’economia cinese sono basati sul presupposto che la trasformazione delle aziende pubbliche in Società per Azioni private porti al miglioramento nell’efficienza del management derivato appunto dalla privatizzazione delle aziende pubbliche.

David Harvey ovviamenete come altri semplificatori della sinistra radicale sembra ragionare in questo modo: Harvey afferma: "Durante gli anni ottanta divenne chiaro che buona parte del fe­nomenale tasso di crescita cinese veniva alimentata al di fuori del settore delle SOE. Nel periodo rivoluzionario le SOE fornivano si­curezza d'impiego e protezioni sociali alla loro manodopera, ma nel 1983 fu consentito loro di assumere «lavoratori a contratto» senza protezioni sociali e a tempo limitato. Venne loro garantita inoltre una maggiore autonomia manageriale dalla proprietà sta­tale; i dirigenti potevano trattenere una certa porzione dei profitti e vendere ogni prodotto in surplus rispetto ai loro obiettivi a prezzi di mercato. Questi ultimi erano molto più alti dei prezzi ufficiali, e ciò portò alla creazione di un doppio sistema di prezzi, assai scomodo, che ebbe vita breve. Nonostante questi incentivi, le SOE non prosperavano. Molte sprofondarono nei debiti e do­vettero essere sostenute o dal governo centrale o dalle banche di proprietà dello stato, che venivano sollecitate a erogare prestiti a condizioni vantaggiose. Questo in seguito creò gravi problemi al­le banche, dato che il volume dei prestiti improduttivi alle SOE cresceva in modo esponenziale. La pressione per ulteriori riforme del settore delle SOE cresceva, e nel 1993 lo stato decise «di tra­sformare le grandi e medie imprese dello stato in società a re­sponsabilità limitata o per azioni». Le prime avrebbero avuto «da due a cinquanta azionisti» mentre le seconde avrebbero avuto «più di cinquanta azionisti e avrebbero potuto offrire titoli di par­tecipazione pubblica». Un anno dopo fu annunciato un program­ma assai più ampio di trasformazione in vere e proprie aziende: tutte le SOE, tranne le più importanti, avrebbero dovuto essere convertite in «cooperative a partecipazione azionaria» in cui tutti i dipendenti avrebbero avuto il diritto nominale di acquistare azioni. Ulteriori ondate di privatizzazione e conversione delle SOE si verificarono alla fine degli anni novanta, tanto che, nel 2002, le SOE davano conto solo del 14 per cento dell'impiego manifattu­riero totale, rispetto alla quota del 40 per cento che detenevano nel 1990. Il passo più recente è stato quello di aprire del tutto sia le TVE che le SOE alla proprietà straniera". (Harvey 2007). In realtà questa cifra sull'occupazione nelle SOE è data dalle aziende statali che rimangono di completa proprietà dello stato e non si considerano le aziende trasformate in SpA che però rimangono sotto il controllo dello stato né le aziende date ai dipendenti che vengono considerate "privatizzate". La realtà è ben altra come vedremo tra poco. Senza contare che a rigore le Comuni non erano entità statali ma delle comunità locali, quindi i dipendenti delle unità statali erano in netta minoranza anche negli anni '70. L'altra obbiezione è ovvia se le SOE sono in passivo qualcuno deve pagare (in generale l'industrializzazione l'avevano pagata negli anni '60 i contadini con i prelievi del raccolto). Avere delle SOE in attivo, come giustamente ha sottolineato Wang Hui, ha permesso alla Cina di sopravvivere nella crisi economica continuando a crescere: "L’enorme gettito fiscale proveniente dalle imprese statali ha fornito inoltre un supporto per le forze regolatrici del governo nei confronti della crisi economica. Tutto ciò ha un rapporto con la capacità e le aspirazioni dello Stato." (Wang Hui 2010). 

Insomma, si deve abbandonare questo modo di vedere naif riguardo alla Cina. Nella trasformazione in SpA delle aziende pubbliche come si presenta in Cina il requisito preliminare è il controllo reale delle azioni da parte dello stato e sono dunque soltanto un mezzo per ottenere capitali per lo sviluppo (anche stranieri, perché no?). Questa è la ragione per cui i lavoratori e il management delle aziende pubbliche accolgono favorevolmente la trasformazione delle aziende in società per azioni Dato che l’acquisizione capitale è l’obiettivo, le aziende pubbliche in rosso vengono escluse sin dall’inizio.

Le imprese trasformate in S.p.A. sono generalmente le aziende pubbliche di prim'ordine e gli assets delle aziende pubbliche chiave. Siccome le imprese trasformate in S.p.A. sono di questo tipo, un premio si aggiunge ai nuovi stock che arrivano durante gli aumenti di capitale. Per questo motivo, in confronto all’ammontare del finanziamento ottenuto, i diritti di voto degli azionisti generici sono limitati.

In molte di queste società per azioni la maggioranza è saldamente detenuta dallo stato. Delle 1.253 aziende quotate nelle due principali borse cinesi, in molti casi lo stato detiene la maggioranza delle azioni, in altre una consistente minoranza. Il Financial Times scrive: “ Solo un terzo delle azioni delle aziende presenti forma il libero capitale fluttuante per il trading degli scambi. Il resto è principalmente detenuto dallo stato o dalle sue aziende[…]. Il permesso per le offerte pubbliche è dato in primo luogo e principalmente alle aziende statali, lasciando le imprese private senza una facile linea di finanziamento“ (Why China 2005).

Il governo non si ritira dalla proprietà di impresa come conseguenza della trasformazione nelle aziende in S.p.A. In altre parole gli azionisti privati possono avere guadagni dalle loro azioni che possono comprare o vendere ma non sono in grado di condizionare le politiche aziendali. Inoltre, poiché si tratta in gran parte di piccoli azionisti la posizione del governo come azionista di maggioranza rimane intaccata anche in presenza di un aumento di capitali.

Analogamente alla trasformazione in S.p.A. delle imprese capitalistiche, i soldi immessi si uniscono idealmente attorno al capitale del fondatore (il governo o l’azienda pubblica). Il rafforzamento del ruolo e del peso della proprietà pubblica è il motivo reale della riorganizzazione delle aziende pubbliche cinesi in S.p.A.

L'elemento dominante dell'economia non sono più le aziende di proprietà diretta dello stato ma le società ibride: cooperative azionarie, imprese di proprietà comune, società a responsabilità limitata e le società per azioni a responsabilità limitata. Queste aziende possiedono il 50% del capitale nazionale e il 35% del mercato.
Scrive Heiko Khoo:
La proprietà dello Stato è mascherata in società azionaria con conseguente sottovalutazione generale del grado di proprietà pubblica. E 'comune anche ignorare il ruolo dello Stato in joint venture con imprese a capitale estero (FIE), e nei casi le imprese statali si siano trasformate in FIE registrandosi al di fuori del paese, al fine di ottenere l'accesso alle concessioni FIE nei paesi stranieri. In effetti, anche le aziende private possono nascondere significative partecipazione azionarie dello Stato. La sottovalutazione diffusa dell'influenza della proprietà statale nell'economia non è semplicemente una questione di erronea identificazione di rapporti nascosti di proprietà pubblica, ma anche di comprensione della "dinamica di controllo" esercitata da organi dello stato. (Khoo 2012).
In questo sistema visto più da vicino si intravede non la mano invisibile del mercato di smithiana memoria ma quella apparentemente invisibile dello stato.
Il grafico sopra mostra la rete di comando globale sulle imprese urbane statali e controllate. Il dipartimento organizzazione del partito comunista nomina i capi della SASAC e delle prime 50 aziende di Stato gestite a livello centrale. La maggior parte delle posizioni di leadership nelle aziende e delle banche sono anche messi al partito. La SASACs nomina i manager e controlla le aziende di Stato a livello nazionale e locale. Aziende di Stato esercitano anche il controllo sulla società per azioni e le società per azioni con partecipazione azionaria dominante. Banche statali forniscono crediti alle imprese collettive a livello nazionale e locale, nonché alle società a responsabilità limitata, e le società per azioni e cooperative urbane.
L'OCSE ha prodotto uno studio che in base ai suoi criteri generali vede una forte estensione della proprietà privata in Cina. Ma i critici sostengono che ciò che è determinante è il potere di controllo sulle aziende, ovvero chi ha il potere di nominare dirigenti, imporre le linee guida ecc. Ciò che è fondamentale non è la percentuale del PIL determinata dallo stato o dai privati ma quella sui commanding heights.

La Wuhan Iron & Steel Company Limited (WISCL), trasformata in S.p.A. nel 1997, fornisce l’esempio classico di come la mano invisibile dello stato controlla le aziende strategiche. La società originaria Wuhan Iron & Steel (Group) ha selezionato due impianti che producono l’acciaio di alta qualità fra i suoi numerosi impianti ed ha fondato una S.p.A. che scambia beni fisici per acquisire 1.77 miliardi di azioni al valore nominale di 1 RMB della WISCL. Poi nel luglio 1999, realizza il primo round della capitalizzazione con l'aumento del 77% del capitale azionario pre-capitalizzazione della Wuhan Iron & Steel Company Limited.

L’acciaieria ha limitato il capitale sociale di pre-capitalizzazione, 1.376 miliardi di RMB. Tuttavia, poiché un’azione ha avuto un premio della nuova emissione di 4.3 RMB, la nuova emissione è stata limitata a 320 milioni azioni con conseguente aumento della capitalizzazione di soltanto 18%. La Wuhan Iron & Steel (WIS Group) diminuisce nella proprietà che è, senza riguardo alla quantità di capitale ottenuta, dell’84.69% ma tiene in modo schiacciante la maggioranza delle azioni per controllare la WISCL.

La realtà di questo tipo di trasformazione in S.p.A. non è rara in Cina. Per questo motivo, quando le aziende pubbliche sono trasformate in S.p.A., si assiste al fenomeno paradossale che porta ad aumentare l’influenza del governo sull’economia nazionale tramite un aumento nella capitalizzazione. Quando aggreghiamo casi identici di acquisizione di capitali fra 1992 e 2004 (a parte le obbligazioni convertibili e le aziende statali straniere), 528 grandi aziende pubbliche (soltanto dove l’attributo dell’azionista di controllo sia determinato) hanno messo sul mercato 135.2 miliardi di vari tipi di azioni (a parte le azioni gratuite) per ottenere 526.2 miliardi di RMB di capitale.

Ciò rappresenta il 46% delle acquisizioni di capitale di tutte le aziende quotate. Il valore aggiunto nel settore industriale delle grandi aziende pubbliche è il 12% del P.I.L., quindi il sistema delle S.p.A. e del mercato azionario sta funzionando come veicolo per l’acquisizione di capitale per le grandi aziende pubbliche. Le aziende pubbliche della Cina, con la riorganizzazione attraverso la trasformazione in S.p.A., tendono a rafforzare la supremazia dello stato mentre si sviluppano.

”L'Aggiustamento Strategico e la Riorganizzazione dell’Economia di Proprietà Statale” detta le linee della ristrutturazione delle aziende statali tra il 1999 e il 2010. Questa ristrutturazione ha dato la sensazione che il governo cinese sia stato prudente nell’eliminazione delle imprese ridondanti e il reimpiego dei lavoratori in eccedenza. Si è però generata l’illusione dello smantellamento delle aziende pubbliche e della transizione della Cina allo stadio finale al capitalismo. Tuttavia, la realtà è diversa e ha portato alla concentrazione di capitale statale “nei punti strategici„ attraverso la gestione delle azioni statali come mezzo per aumentare il controllo effettivo delle aziende (Nakaya 2006).

In Cina, a partire dal 1999 e fino al 2003, 27.021 aziende pubbliche ridondanti sono state eliminate basandosi su questa politica. La base di questa politica e che tutto ciò che è strategico viene mantenuto attraverso il possesso o il semplice controllo delle imprese chiave che possono interessare l’economia nazionale (anche attraverso rapporti transazionali).

Allo stesso tempo, c’è la percezione corrente che come conseguenza della transizione ad un’economia di mercato e dell’apertura dell’economia all’investimento estero, il capitale privato e straniero in aumento releghi in un angolino il settore pubblico. Questa sensazione sembrerebbe corroborata dalla privatizzazione di aziende non essenziali voluta dal governo. Invece il capitale di stato, assegnato storicamente ai settori inessenziali dell’economia nazionale, viene recuperato con le vendite, le liquidazioni e le fusioni e concentrato “nei punti strategici” quali le industrie chiave e le imprese essenziali che dominano l’economia nazionale. Il progetto è quello di intensificare un efficace controllo dell’economia nazionale da parte del governo invece che un suo indebolimento dovuto alla dispersione del capitale pubblico in mille rivoli.

Il posizionamento nei “punti strategici” nell’economia nazionale delle aziende pubbliche comporta il loro insediamento “nelle industrie strategiche quali la sicurezza nazionale, i monopoli naturali, fornitura beni pubblici e servizi, e alle industrie che fanno da perno all’economia nazionale e a quelle hi-tech. Nel programma di aggiustamento strutturale industriale nel decimo piano quinquennale del novembre 2001, le industrie e le imprese sono state identificate come segue: 1. “il cuore dei settori di difesa nazionale e delle industrie militari“ (il governo ha il controllo assoluto), 2. imprese chiave che assicurano “beni pubblici critici e servizi e i settori dei monopoli naturali: quali l’elettricità, il vapore, servizi collegati all’erogazione dell’acqua, carbone, legname, petrolio, gas naturale estrazione di elementi rari dal sottosuolo; e settori chiave delle imprese con “i settori che incorporano il potenziale economico nazionale quali l’automobile, l’informazione, le industrie Hi-tech (i capitali dello Stato occupano una posizione di controllo) e 3. “industrie Hi-tech chiave ed i settori fondamentali quali tecnologia dell’informazione, biotecnologia, nuove tecnologie con materiali innovativi e le tecnologie d’avanguardia (con il controllo statale o attraverso il finanziamento di progetti per la ricerca di base e la ricerca applicata). Altre industrie ed imprese sono state ripartite “nei campi competitivi”, e per l’aumento della liquidità di capitale di stato. Per le aziende pubbliche piccole e medie “nei campi competitivi” è stata scelta l’eliminazione delle imprese ridondanti e la liberalizzazione e rivitalizzazione attraverso “riorganizzazioni, alleanze, fusioni, leasing, sistemi di responsabilità a contratto e la trasformazione in imprese cooperative di partecipazione azionaria” (Nakaya 2006).

La concentrazione di capitale di stato nei “punti strategici” comincia ad essere riflessa nelle statistiche economiche. Dal 1999 a 2003, il numero delle industrie di stato e le imprese si sono ridotte approssimativamente alla metà da 61.000 a 34.000, anche se, all’opposto, il capitale sociale è aumentato del 29%, i capitali azionari sono aumentati del 26% e il valore aggiunto dell’industria è aumentato del 55%. Ciò indica che la concentrazione di capitale statale nei punti strategici, non sta conducendo al ritiro unilaterale dello stato, ma piuttosto una ristrutturazione interna del capitale di stato. Scrive Hutton:
L'approccio del PCC all'economia, infatti, altro non è che il riflesso del suo approccio al sistema politico. L'alleggerimento degli apparati governativi … un processo che ha incluso il dimezzamento del personale, è stato riprodotto per le SOE. Il numero di queste imprese statali è stato ridotto della metà, dalle trecentomila del 1995 alle centocinquantamila del 2005, nell'intento di «mantenere il grande mentre si lascia andare il piccolo». È una trasformazione formidabile che sembra andare nella direzione della privatizzazione e della riduzione del peso percentuale delle imprese di Stato sul PIL. Tuttavia la quota di valore aggiunto delle SOE non è diminuita quasi per nulla. Un 10 per cento circa di esse ha dichiarato bancarotta; poi ci sono stati fusioni, accordi di leasing, acquisizioni dall'interno e riorganizzazioni nella forma di "società a partecipazione azionaria". In quasi tutti i casi la risultante struttura azionaria di queste SOE "lasciate andare" è stata dettagliatamente concepita… per garantire allo Stato la partecipazione di maggioranza. Inoltre, nel quadro di un'economia la cui unica fonte di capitale esterno è rappresentata dalla finanza bancaria, e in cui solo il 25 per cento delle azioni delle banche può essere detenuto da privati, gli spazi per le piccole SOE "liberate" di operare al di fuori dei confini tracciati dal Partito-Stato sono ulteriormente limitati (Hutton 2007, p.122).
Come qui si sottolinea il rapporto con l’azionariato è molto differente che Occidente. Gli azionisti delle imprese cinesi non hanno diritti di proprietà in senso stretto: “Hanno diritto ai dividendi generati dai loro beni finanziari e possono vendere le azioni e ricavare un guadagno netto sul prezzo di acquisto, se sono intelligenti o fortunati. Ma non possono decidere né influenzare il management e la politica aziendale che sono determinate da pressioni politiche ed economiche diverse e spesso conflittuali." (Sconfiggere 2004)

L’aumento delle partecipazioni azionarie, del capitale sociale e del valore aggiunto in settori industriali come l’elettricità, il vapore, il petrolio, il carbone, industria dei trasporti (automobili, costruzioni di navi, aviazione), prodotti chimici, materiali non metallici, acqua, prodotti farmaceutici, macchinari speciali, è fenomenale sia in termini di valore assoluto che in percentuale (capitale sociale aumentato da 14.8 a 160 miliardi RMB, tasso percentuale aumentato dal 29 all’81%). La crescita in valore per l’acciaio, le apparecchiature elettroniche di comunicazione è grande (da 13.2 miliardi a 33.6 miliardi di RMB). Queste sono indicate fondamentalmente come “industrie strategiche”. Da un lato, la diminuzione in termini di valore e tasso sono grandi per il tessile, tessuti sintetici, cibo e prodotti agricoli (9-12.6 miliardi di RMB, o diminuzione del 20-40%). Inoltre, abbigliamento, cuoio, pellicce sono diminuiti fortemente (diminuzione 33-52%). Queste industrie sono classificate come “industrie dei campi competitivi”.

Si potrebbe dire che la concentrazione di capitale di stato “nei punti strategici” nell’economia non è altro che l’aumento del controllo statale attraverso “un processo di selezione e di concentrazione”. Ciò è differente dalle privatizzazioni viste in altri paesi. La “State-owned Assets Supervision and Administration Commission” (SASAC) l’entità che amministra le proprietà statali, è stata insediata nel 2003. La “State-owned Assets Supervision and Administration Commission of the State Council” che dirige le proprietà statali al livello dell’amministrazione centrale e enti simili è stata insediata in ogni ente locale per amministrare e dirigere le proprietà di stato.

Wen Jiabao vista la Wuhan Iron and Steel factory

Ritorniamo all’esempio della Wuhan Iron & Steel Company Limited (WISCL). Dopo il primo round della capitalizzazione nel luglio 1999, l’azienda ha ripetuto gli aumenti di capitale versati e gli aumenti capitali liberi ed ha ricevuto gli impianti di fabbricazione dell’acciaio e del ferro dall’azionista di controllo Wuhan Iron & Steel (WIS Group); ciò ha permesso che si sviluppassero impianti per l'acciaio e il ferro, capaci di produrre di 1038,49 tonnellate (2005) di acciaio grezzo. La WISCL ha realizzato “la riforma di fusione dei titoli” nel novembre 2005, emettendo 7.838 miliardi di titoli e la quantità di azioni di stato che ha mantenuto la WIS Group dopo la ristrutturazione è di 5.468 miliardi azioni (circa il 70%). La WIS Group, come forma “di compensazione” agli azionisti generali ha intrapreso un divieto volontario di vendita di azioni per un periodo di 2 anni e dopo, fino al 2010, una limitazione di volume di vendite di azioni ad un limite minimo del prezzo della vendita delle azioni (3.6 RMB). In queste circostanze, se si dovesse valutare il reddito dalla vendita delle azioni di stato nel 2010 con il presupposto del WIS Group, mantenga comunque lo status di azionista di maggioranza, allora la vendita di 1.549 miliardi azioni è una possibilità, al valore di 3.6 RMB, si traduce in un reddito di 5.245 miliardi RMB. La WIS Group, detiene le azioni di stato a nome della Commissione della gestione e controllo dei beni di stato e il reddito dalle vendite si trasforma in reddito della WIS Group. A questo punto, WIS Group è l’azionista di controllo di un impianto siderurgico che produce 10.000.000 tonnellate di acciaio grezzo ed allo stesso tempo ha acquisito 5.245 miliardi di RMB di capitale. Se questa rendita da vendite fosse reinvestita dal fondatore allo stesso prezzo (3.6 RMB) raccogliendo ancora capitale dagli azionisti generali, con il presupposto del mantenimento della maggioranza semplice, il fondatore potrebbe ottenere 18.882 miliardi RMB di capitale. Considerando il fatto che WISCL ha azioni per 20.271 miliardi di RMB compreso i guadagni mantenuti; è possibile stabilire un’altra azienda siderurgica della stessa scala della WISCL. In sostanza la WIS Group, come conseguenza della sospensione delle limitazioni di distribuzione delle azioni di stato, conserverebbe la partecipazione maggioritaria aumentando nel contempo da uno a due gli impianti siderurgici posseduti in grado di produrre 10.000.000 tonnellate di acciaio grezzo (Nakaya 2006).

Questo effetto può essere attribuito non solo al Wuhan Iron & Steel (Group) Corporation), ma, anche all'intera SASAC che possiede corporation che forniscono profitti e imprese ancora interamente statali. Qui ci si è limitati al presupposto che lo stato sia azionista di maggioranza semplice. Se la vendita delle azioni continuasse fino al punto limite per detenere l’effettivo ed efficace controllo, l’effetto possibilmente potrebbe essere ancora più grande. Il capitale ricavato dalle vendite è investito nella stessa industria ed anche in altre industrie. Il governo cinese sta promuovendo “un’economia di mercato ancorata dalla proprietà pubblica” anche al punto di fornire “compensi” agli azionisti generali dato che ciò è molto conveniente e aumenta il controllo statale dando nel contempo alle aziende controllate una flessibilità di gestione analoga alle corrispondenti aziende private (Nakaya 2006).

Come si è stato visto in questo capitolo, le aziende pubbliche della Cina, mentre gradualmente diminuiscono la loro presenza in economia nazionale, mantengono il loro potere latente di controllo. Il progresso costante nella ricostituzione delle aziende pubbliche è una conseguenza della variazione dell’atteggiamento del governo verso la proprietà pubblica che, attraendo il capitale dalla società, la rafforza ulteriormente. Inoltre, persino mentre si ritira da determinate industrie, il governo continua a controllare “i punti strategici” dell’economia rafforzando l'efficacia del controllo dell’economia nazionale. Eliminando le limitazioni sulla distribuzione delle azioni di stato, il governo ha cercato un’occasione per aumentare velocemente il capitale di stato. Negli ultimi anni, l’espansione delle imprese cinesi nei mercati d’oltremare ha attratto considerevolmente l’attenzione. La maggior parte delle aziende che si globalizzano sono pubbliche cosa facile da comprendere a patto che la ristrutturazione in corso, non sia vista attraverso la lente deformante del preteso declino o della diminuzione del peso delle aziende di stato. Riassumendo la vendita delle azioni di stato viene confusa con la privatizzazione. Ma i ricavati delle vendite in alcuni settori sono poi stati reinvestiti con il presupposto che non sarebbero andati a coprire i disavanzi del bilancio, ma lo scopo istituzionale è in realtà quello del rafforzamento del capitale statale attraverso il reinvestimento dei ricavi dei “fondatori” ossia lo stato (Nakaya 2006).

In sintesi il rapporto tra privato e pubblico dipende molto dai criteri che si applicano e dal fatto che si sia disposti ad ignorare la mano invisibile dello stato. Ad esempio un autore come Huang sostiene che la percentuale sui profitti delle aziende private può essere passata dal 28,9 per cento nel 1998, al 71,2 per cento nel 2005. Se invece le imprese con personalità giuridica dei detentori delle azioni non vengono conteggiate come private, la quota delle imprese straniere e autoctone private ​​sui profitti industriali della Cina è passata dal 17,6 nel 1998 e al 39,8 per cento nel 2005. C'è una bella differenza!!!

Uno studio recente ha messo in risalto come il settore statale sia molto più influente sul PIL di quanto di quanto si creda dato che è fondamentale stabilire ciò che è privato e ciò che non lo è e ciò non deriva tanto da dati statistici ma dai meccanismi di controllo. L'autore dello studio, Kyle, osserva: "è ragionevole concludere che nel 2009 quasi la metà della produzione economica della Cina potrebbe essere attribuibile sia delle aziende di Stato, SHEs e altri tipi di imprese controllate indirettamente alle aziende di Stato. Se la produzione di imprese collettive urbane e la percentuale controllata dal governo delle TVE sono considerati, il settore statale in senso lato supera probabilmente il 50 per cento ". (Huang, 2008 e Kyle 2011 cit in Khoo 2012).

Note
[1]In Russia per dire la grande industria strategca che era ovviamente statale riusciva a mandare uomini sulla Luna. L'edicolante che era pure statale ti serviva di mala voglia e non riuscivi a trovare un idraulico, Lo stato non può fare tutto, deve limitarsi ai monopoli naturali (introducendovi però la concorrenza) e alle industrie strategiche. Il resto deve essere lasciato alle aziende comunali, a quella cooperative, all'autogestione oppure al privato.

Bibliografia
Hutton, Will 2007. Il Drago Dai Piedi D’argilla. La Cina e l’Occidente Nel XXI Secolo. Fazi editore.
Khoo, Heiko 2012. Kornai and China part 2 Where does China fit within Kornai's System Paradigm?
Lorenz, Andreas; Wagner, Wieland 2007. Red China, Inc.: Does Communism Work After All? Der Spiegel, 27 Febbraio 2007.
Nakaya, Nobuhiko 2006. China’s Socialist Market Economy and the Reconstitution of State-Owned Enterprises
Umpiérrez Sánchez, Francisco 2006. “Las Empresas Por Acciones y El Socialismo Del Siglo XXI.”
Why China. 2005. “Why China Is Not Capitalist.” Workers Vanguard (85010).

Nessun commento:

Posta un commento

Chi siamo

Debunkers dei miti sulla Cina. Avversari della teoria del China Collapse e del Social Volcano, nemici dei China Bashers.